PIRATI DEI CARAIBI - AI CONFINI DEL MONDO
 

recensione pirati dei caraibi

 
Eravamo rimasti al tentacolare Davy Jones (Bill Nighy) che aveva stretto alleanza con la britannica Compagnia delle Indie e lo stizzito Lord Beckett: in gioco, il dominio degli oceani. Eravamo rimasti al baldo e bistrato Capitan Jack Sparrow (l'ottimo e qui adorabilmente poliedrico in tutti i sensi Johnny Depp) ingollato dal Kraken e intrappolato ai confini del mondo. Il redivivo Barbossa (Geoffrey Rush) in compagnia della ciurma al completo (Orlando Bloom-Errol Flynn, Keira Knightley-agguerritissima action-queen), affrontano dunque il viaggio per recuperare il sulfureo Pirata coi dreadlocks. Ricominciano a girandolare i tradimenti e gli intrighi, i balletti esagitati in coperta a scacciare bucanieri, maledizioni e rinascite divine mentre appaiono nuovi personaggi in corsa: Chow Yun-Fat, il Gengis Khan dei sette mari e l’annunciato Keith Richard,  
 
custode del codice dei predatori degli oceani. Nuovi gorghi/ingorghi narrativi scombinano ancora l’ordito ma una titanica lunghezza fiacca e prova lo spettatore ben disposto. Ci si era lasciati attrarre voluttuosi dal redivivo genere fantasy alla Salgari con quell’azzaccato mix di contemporaneità (di tecnica e di mezzi) e di giocoso gusto per la battuta. Ci si ritrova immersi in un circo autoriferito, sgocciolante stanchezza  
narrativa e che ha smarrito anche il rigagnolo della risata. Lo spielberghiano Gore Verbinsky padroneggia il mezzo con talento ma annaspa in acque insidiose: quelle stagnanti del roboante battagliare/inscenare inutile che cerca di sopperire rumorosamente all’assenza di una vera e propria trama (il secondo episodio e il terzo sono stati girati contemporaneamente) che si dipani a dovere. Restano trovate vivise che non t’aspetti (il limbo come non te lo saresti mai immaginato), spettacolose maree d’azione e convincenti facce da cinema che illanguidiscono.

(recensione di Daniela Losini )


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