PICCOLE PAURE CONDIVISE
 

piccole paure condivise recensione

 
A volte non sembra di essere nel 2006 ma di ritornare alle atmosfere della Parigi fine anni '50 e il merito è spesso dei film. Sia ben chiaro Private Fears in pubblic Places ("Piccole paure condivise" nel titolo italiano) è ambientato ai giorni nostri, ma, sarà il regista, saranno le recitazioni degli attori, sembra di essere catapultati in piena Nouvelle Vogue. Dopo averci impressionato con Hiroshima mon Amour e irritato con L’anno scorso a Marienbad, il vecchio leone del cinema francese, Alain Resneis ci riprova con un film particolarmente riuscito. Sotto i fiocchi di una nevicata incessante, a Parigi le più diverse umanità si incontrano e si scontrano: una coppia cerca un appartamento ma sono in crisi, una ragazza cerca l’uomo della sua vita tramite annunci sui giornali, due colleghi d’ufficio si punzecchiano ma la religione di lei è  
 
troppo forte e , infine, un figlio tenta di trovare una badante per il padre malato ma ancora irrequieto. È inutile tentare approcci stabili a questo film, come è inutile seguire le linee di percorso che si usano per il cinema in genere, stavolta oltre alla Nouvelle Vogue siamo anche in zona Rive Gauchè, e la sua critica del sociale e delle cose che si inferocisce di pari passo con il film. La ambientazione teatralmente cinemato-  
grafica non sembra preoccuparsi minimamente del fatto che tutto sembra apparentemente slegato: tutto è volutamente slegato. Se fosse stato un film americano l’intreccio e l’incastro si sarebbero incontrati a braccetto, ma vive la france, qui non ce ne è bisogno di svolgere il compitino perfetto per assecondare lo spettatore, semmai per assecondare l’idea di cinema tanto Des Autoures che piace a Resnais. Bene, siamo contenti, un cinema non ruffiano con il pubblico, ma nemmeno con la critica, differentemente dai mausolei orientali che non sanno più dove buttarsi dal momento che puzzano di stantio e nessuno osa ammetterlo; questo è un film da battitura di metronomo, per la grazie dell’andamento, ma anche per i piani sequenza fluidi come solo l’andamento di una partitura musicale sa essere, e ad accompagnare tutto ciò ci sono degli ottimi strumenti: gli attori. Laura Morante sorprende davvero nel suo ruolo meno morettino o mucciniano, l’Azema rifulge nella sua ambigua veste di santa di giorno e puttana di notte, Lambert Wilson ha il necessario fascino e Andrè Dussollier e Pierre Arditi sono i grandi leoni francesi pronti a ruggire ancora. Sorprendente è la fotografia calda e avvolgente, così come la scenografia e alla fine un suggerimento: è inutile che si tenti di dare un significato a tutta la neve che c ‘è nel film, dal momento che Reisnas non è il tipo dai facili simboli o dalle mezze consolazioni e alla fine l’amaro in bocca per la solitudine è parecchio.

(di Gabriele Marcello )

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