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Dalla graphic novel
al grande schermo
il passo è
breve anzi brevissimo:
è bastato che
le figure delle strisce
a fumetti si animassero
e il gioco è
fatto. Persepolis
di Marjanne Satrapi,
iraniana d’origine
e francese d’adozione,
prima caso letterario
planetario ora caso
cinematografico altrettanto
planetario quasi per
sua naturale evoluzione,
sempre firmato dalla
Satrapi insieme all’amico
Vincent Paronnaud.
Identici tratti stilizzati,
identico essenziale
bianco e nero, identico
potere di sintesi
formale, identica
espressività
naif rigorosamente
bidimensionale. Less
is more era il motto
di Mies Van de Rohe.
Quando l’arte
necessita solo di
idee, di cuore e cervello.
Racconto autobiografico,
storico e personale,
condotto sul filo
dell’ironia
che in tempi di oppressione
è l’unica
arma possibile, in
perfetto equilibrio
tra dramma e com- |
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media,
tra
poesia
e ferocia
in una
sintesi
possibile
solo
per
gli
occhi
di una
bambina
che
a fatica
distinguono
dio
e marx.
La Satrapi
ha affermato
di aver
scritto
Persepolis
perché
stanca
di sentirsi
chiedere
se in
Iran
giravano
davvero
col
cammello.
Così
scopriamo
che
nell’Iran
del
1978,
alla
vigilia
della
guerra
decennale
con
l’irak
di Saddam
Houssein,
la vita
scorre
in modo
molto
più
simile
alla
nostra
di quanto
potremmo
pensa-
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re, si indossano
i jeans, si
ama Bruce
Lee, si ascolta
il punk. Poi
la caduta
dello scià,
gli ideali
della rivoluzione
traditi (la
storia si
ripete con
una monotonia
disarmante),
la presa del
potere dell’ayatollah
Khomeini e
il fondamentalismo
islamico con
le conseguenze
tristemente
note (il velo,
le persecuzioni,
il rock al
bando), dai
connotati
tinti di grottesco
(ma non ridiamo
troppo noi
con la nostra
presunta superiorità
occidentale,
che se dessimo
ragione al
Vaticano ci
troveremmo
non molto
distanti,
là
a comprare
il cd degli
iron maiden
di nascosto,
qui a leggere
in camuffa
il Codice
da Vinci come
si faceva
con i libri
di De Sade
o a cercare
sul mercato
clandestino
una copia
pirata di
Caos calmo
con la famosa
scena di sesso
non censurata!).
Premio della
giuria all’ultimo
festival di
Cannes, battuto
agli oscar
solo da Ratatouille,
a Persepolis
avremmo forse
chiesto maggiore
audacia espressionista
nelle invenzioni
visive e maggiore
impeto passionale
nell’invettiva
sagace. Ma
forse era
chiedere troppo.
Voci italiane
di Paola Cortellesi,
Sergio Castellitto,
Licia Maglietta.
Un film utile
e necessario,
da vedere
per conoscere,
per capire,
per aprire
gli occhi
un po’
sul mondo,
un po’
sul nostro
tempo, un
po’
su noi stessi.
(recensione
di Mirko
Nottoli)
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