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PER
UNO SOLO DEI MIEI OCCHI |
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Il regista israeliano
Avi Mograbi, al telefono
con un suo amico palestinese
(la cui voce è
stata doppiata da
un attore perché
non fosse riconoscibile,
evitandogli così
possibili ritorsioni),
ne registra lo sfogo
riguardo alla condizione
in cui si trova a
vivere la sua gente,
costretta a subire
i raid dei soldati
israeliani che, per
effettuare i controlli,
entrano perfino nelle
camere da letto. Queste
conversazioni telefoniche
costituiscono l’ossatura
di “Per uno
solo dei miei due
occhi”, illuminante
documentario di Mograbi
il cui titolo è
una citazione di quanto
Sansone, mitico eroe
del popolo d’Israele,
avrebbe detto pregando
Dio perché
gli desse la forza
di vendicarsi dei
Filistei che lo avevano
accecato: “Ricordati
di me e dammi forza,
solo per questa volta
in modo che io possa
vendicare uno solo
dei miei occhi”.
Dio lo esaudì
e Sansone |
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si immolò
facendo
crollare
il tempio,
uccidendo
così
molti
più
Filistei
di quanti
ne aveva
ucciso
durante
tutta
la sua
vita.
Tutto
questo
nel
documentario
viene
inculcato
da una
maestra
ai suoi
alunni
delle
elementari
perché
imparino
che
morire
è
meglio
che
vivere
oppressi.
Ma –
osserva
il regista
–
questo
è
esattamente
quello
che
fanno
oggi
i Kamikaze
palestinesi.
Al mito
di Sansone
il regista
accosta
quello
della
fortezza
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di Masada,
nei pressi
del Mar Morto,
dove nel 72
d.C. poco
meno di mille
ebrei Zeloti
(definiti
dallo storico
Flavio Giuseppe
come dei banditi
e assassini
disposti a
tutto) si
immolarono
per non cadere
prigionieri
dei romani
che avevano
stretto d’assedio
la fortezza,
circondandola
di un muro
spesso un
metro e alto
due. Ma alzare
muri non è
quello che
fanno oggi
gli israeliani
nei confronti
dei palestinesi?
Così
attraverso
le immagini,
nel prologo
del film assistiamo
a un vero
e proprio
tentativo
di lavaggio
del cervello
da parte di
un insegnante,
nei confronti
di un gruppo
di studenti
inglesi in
visita alle
rovine di
Masada, ai
quali racconta
sommariamente
la storia
esaltandone
il gesto eroico
del suicidio
di massa,
e poi chiede
loro di chiudere
gli occhi
e ascoltare
per poi riferire
quello che
hanno sentito:
rumori e grida
degli assalitori
e la disperazione
degli assediati.
Quello che
l’insegnante
si aspettava.
Non solo,
il regista
mostra come
ai contadini
palestinesi
venga impedito
di lavorare
la propria
terra dai
soldati israeliani,
le estenuanti
e umilianti
attese ai
checkpoint,
la cui apertura
è delegata
all’arbitrio
dei soldati
che li presidiano,
i quali non
perdono occasione
per infliggere
umiliazioni
ai palestinesi
che tornano
a casa dal
lavoro o da
scuola, costretti
a ore di attesa
per poter
passare i
controlli.
“Per
uno solo dei
miei due occhi”
non cerca
di giustificare
le azioni
terroristiche
dei kamikaze,
mette solo
in rilievo
come la cultura
della morte
per la libertà
sia patrimonio
dell’educazione
ebraica al
pari di quella
palestinese,
e che solo
il reciproco
riconoscimento
dei due popoli
che vi abitano
consenta a
quelle terre
di veder relegare
la guerra
nei libri
di storia.
Le immagini
dei palestinesi
che di buon
grado accettano
di farsi filmare
mentre vengono
umiliati,
e che il film
sia stato
sostenuto
finanziariamente
dalle istituzioni
israeliane
fanno sperare
in un possibile
dialogo di
pace. Nelle
sale dal 28
di marzo,
il film è
da non perdere.
(recensione
di Claudio
Montatori
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uno solo dei
miei occhi"! |
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