lavoro, tra
preparazione,
riflessioni,
pause, discussioni
e ripensamenti.
Eppure la
mano del regista
è quasi
invisibile,
tant’è
rispettosa
del girato,
della sua
naturale forza
contestatrice.
È come
se lo stesso
Bertolucci
se ne sia
stato in un
angolo a riordinare
gli appunti
di una lezione
importantissima,
della quale
deve necessariamente
fare una sintesi,
ma che potenzialmente
vorrebbe introiettare
in toto. Nonostante
ciò
emerge ben
più
di un commentario
freddo e pedissequo.
Dice il produttore
che «“Pasolini
prossimo nostro”
ha la valenza
di un definitivo
testamento
intellettuale;
vuol essere
un ulteriore
tassello nella
memoria collettiva,
vuol dar voce,
ancora una
volta, ad
una delle
intelligenze
più
vivide e lucide
della nostra
cultura e,
in generale,
del secolo
scorso».
Di sicuro
è un
film che denota
intelligenza,
rispetto,
capacità
realizzativa
ed autentica
umiltà.
Non deve stupire
questo risultato,
se si pensa
che Bertolucci
è abituato
a confrontarsi
quotidianamente
con le tematiche
connesse alla
valorizzazione
e alla tutela
del patrimonio
cinematografico,
in qualità
di Presidente
della prestigiosa
Cineteca di
Bologna.
N.B. Gustosissima
per i cinefili
la ricostruzione
fotografica
del primo
finale del
film - eliminato
dal regista
- che getta
un barlume
di speranza
nella rude
e pessimistica
denuncia
pasoliniana.
(recensione
di Marco
Santello
)