PASOLINI PROSSIMO NOSTRO
 

pasolini prossimo nostro recensione

 
Prodotto da Ripley’s Film e Cinemazero, curato da Giuseppe Bertolucci e presentato in anteprima mondiale a Venezia 63, “Pasolini prossimo nostro” fa risuonare ancora una volta la voce inconfondibile di uno dei più importanti uomini di cultura del ‘900. In realtà le parole dell’intellettuale friulano sono pietre che restano sedimentate per sempre sulla strada di chi ha avuto la fortuna di incontrarle. Ed ascoltarle ancora, sempre uguali e sempre diverse a se stesse, è fonte di rinnovato godimento per chi ha imparato a coglierne il gusto per la provocazione, così acuto e dissacrante. Forse solo queste ragioni potrebbero bastare per spiegare il perché valga senza dubbio la pena di dedicare 63 minuti del proprio tempo alla visione di questo documentario. Ma ve ne sono altre, forse addirittura più determinanti,  
 
perché legate al rischio inevitabile di interfacciarsi con una personalità pervasiva ed autosufficiente come quella di Pier Paolo Pasolini. Il materiale di partenza era già molto significativo: le riprese eseguite da Gideon Bachmann e Deborah Beer durante la lavorazione del grande capolavoro incompiuto “Salò e le 120 giornate di Sodoma”. La sistemazione dei 3.000 metri di negativo cinematografico ha richiesto ben 23 mesi di  
lavoro, tra preparazione, riflessioni, pause, discussioni e ripensamenti. Eppure la mano del regista è quasi invisibile, tant’è rispettosa del girato, della sua naturale forza contestatrice. È come se lo stesso Bertolucci se ne sia stato in un angolo a riordinare gli appunti di una lezione importantissima, della quale deve necessariamente fare una sintesi, ma che potenzialmente vorrebbe introiettare in toto. Nonostante ciò emerge ben più di un commentario freddo e pedissequo. Dice il produttore che «“Pasolini prossimo nostro” ha la valenza di un definitivo testamento intellettuale; vuol essere un ulteriore tassello nella memoria collettiva, vuol dar voce, ancora una volta, ad una delle intelligenze più vivide e lucide della nostra cultura e, in generale, del secolo scorso». Di sicuro è un film che denota intelligenza, rispetto, capacità realizzativa ed autentica umiltà. Non deve stupire questo risultato, se si pensa che Bertolucci è abituato a confrontarsi quotidianamente con le tematiche connesse alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio cinematografico, in qualità di Presidente della prestigiosa Cineteca di Bologna.

N.B. Gustosissima per i cinefili la ricostruzione fotografica del primo finale del film - eliminato dal regista - che getta un barlume di speranza nella rude e pessimistica denuncia pasoliniana.



(recensione di Marco Santello )

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