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Prima erano in 11,
poi in 12, adesso
in 13. Ad ogni giro
se ne aggiunge qualcuno.
Qualcuno va, qualcuno
viene ma chi va è
sempre numericamente
inferiore rispetto
a chi viene. Col risultato
che la densità
aumenta mentre lo
spazio di manovra
diminuisce. Fuori
Julia Roberts, dentro
Ellen Barkin. Più
il carico da undici:
Al Pacino nel ruolo
del cattivone. Nel
secondo c’era
anche Vincent Cassel.
Beh una comparsata
non la si nega a nessuno!
Più che un
casting quello di
Ocean’s 13 sembra
l’annuario degli
attori preso in blocco.
A guidare il gruppo
George Clooney e Steven
Soderbergh in libera
uscita. Loro sono
fatti così:
producono progetti
talvolta interessanti
(come il recente A
scanner darkly), fingono
di sperimentare capricci
pseudo-intellettuali
a basso budget, poi
tornano al blockbuster
mainstream a batter
cassa. Un giro di |
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telefonate
agli
amici
di sempre,
una
spolverata
al costume
di Danny
Ocean,
una
sistemata
ai capelli
di Brad
Pitt,
un’occhiata
alla
bilancia
di Andy
Garcia,
che
se non
lo si
tiene
controllato
quello
tende
ad ingrassare,
e Julia?
Julia
che
fa?
C’è,
non
c’è…
ah,
non
c’è?
Beh,
fa niente
troveremo
qualcun
altro,
ricordiamoci
solo
di nominarla
così
per
far
vedere
che
non
ce ne
siamo
dimenticati!
Magari
si potrebbe
chiedere |
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ad Angelina!
No, Angelina
no, è
in Africa
che adotta
un bambino
nero…
ma come? un
altro? Alla
fine la componente
romantica
data da una
presenza femminile
si è
persa per
strada e se
ne sente la
mancanza.
Pensavano
forse di risolvere
la questione
inserendo
Ellen Barkin
ma, tra tutto
quel viavai
di star, stenta
a ritagliarsi
un paio di
fotogrammi
messi in fila
tutti per
sé.
Poi i più
giovani manco
sanno chi
è Ellen
Barkin! Vale
tutto quanto
detto e scritto
per i due
capitoli precedenti.
La differenza
è che
il primo era
un film; il
secondo era
una vacanza
sul lago di
Como a mangiare
il pesce;
il terzo è
una via di
mezzo tra
i due: è
una vaccata
con una parvenza
di struttura
(si può
dire vaccata?).
Ma è
solo una parvenza.
Non sapremmo
altrimenti
come definire
una sceneggiatura
che nel mettere
in scena le
situazioni
più
improbabili
non si preoccupa
mai di fornire
uno straccio
di spiegazione
sul come siano
potute avvenire.
Bisogna provocare
un terremoto
a Las Vegas?
Serve la mega
trivella che
ha scavato
il tunnel
della Manica?
Bene, che
ci vuole?
E’ già
lì
in posizione
pronta a trivellare
tutto il trivellabile!
La saga di
Ocean potrebbe
rappresentare
la quintessenza
del cinema
inteso nel
suo aspetto
più
superficiale
e popolare,
quello fatto
di divismo
e stelle hollywoodiane,
di bellezza
e fascino,
di storie
impossibili
e sogni ad
occhi aperti.
Il paradosso
è che
nonostante
tutta questa
galleria di
superstar,
questa esibizione
sfrenata di
lusso e glamour,
quello che
manca a Ocean’s
13 è
proprio il
fascino, il
carisma, l’affabulazione.
Perché
il fascino
è più
questione
di carattere
che di bellezza.
Mentre qui
è tutto
piatto, carino,
moderatamente
simpatico,
privo di sussulti
e grida. Clooney
si limita
a storcere
la bocca,
Pitt gesticola
nel vuoto,
Pacino azzarda
uno dei suoi
sproloqui.
Il migliore
di tutti è
Garcia ma
si vede tre
minuti in
croce. C’è
anche Matt
Damon…
Un paio di
battute, un
paio di travestimenti
inseriti in
sala di montaggio
giusto per
non buttarli
nel cestino
e siamo già
pronti per
Ocean’s
14, a riproporre
la stessa
minestra col
brodo allungato.
Se ancora
ci si chiede
se Soderbergh
sia un genio
o un bluff,
pensiamo a
questo punto
di poter rispondere:
la seconda
che hai detto.
(recensione
di Mirko
Nottoli
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13"! |
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