OCCUPATION: DREAMLAND
 

occupation dreamland recensione

 
Garrett Scott e Ian Olds registi emergenti, documentano asciutti e didascalici le gesta dell’armata 82a dell’Aviotrasportazione, il comparto militare americano installato a Falluja, (il filmato è stato effettuato nel 2003, prima che la situazione degenerasse nel lancio del fosforo bianco sui civili - una sorta di soft-napalm letalissimo - e nei sanguonisissimi scontri che hanno messo a ferro e fuoco la città) raccogliendo immagini e testimonianze della missione di protezione. Mandati a mantere l’ordine nella città considerata la culla dei ribelli e dei terroristi, un gruppo di soldati esegue gli ordini, manifestando vitali e necessari dubbi sulle motivazioni della guerra. “Dreamland” (terra del sogno) è il nome di una base militare d’appoggio: ennesimo teatro di una guerra inutile e di uno spreco di vite (da ambo le parti). Le missioni di pattuglia,  
 
diventano momenti di terrore e poi, la normalità giornaliera mentre i colpi di mortaio spezzano la routine sabbiosa delle perlustrazioni. Incursioni notturne nei covi di presunti terroristi: donne e bambini svegliati all’improvviso, giustificazioni sommarie alla detenzione di armi, facce guardinghe e desiderio di conciliazione/convivenza reciproca. Fiumi di retorica scorrono sugli eventi: quella della patria, delle preghiere, dei santini e dei ricordi.  
Svetta l’aggressiva propaganda militare interna: buona a convincere menti più o meno labili alla ferma. C’è il soldato esaltato, lo scettico, il nichilista, lo stralunato, il perdente: personaggi che non sfigurerebbero dentro a una fiction, così da poterli raccontare come semplici stereotipi anziché condividerne (almeno virtualmente) il reale vissuto. Nonostante il tentativo di voler mantenere le distanze da una critica vera e propria al governo, nessuno degli intervistati risparmia attacchi: al presidente, alla Halliburton (la compagnia petrolifera presieduta sino al 2000 da Dick Cheney) alla guerra come macchina per soldi, all’inutilità di stabilire utopiche democrazie con le armi. Sia profetica e indicativa questa frase pronunciata da un iracheno: “Gli americani non possono costruire un popolo”.
(di Daniela Losini )

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