NON PRENDERE IMPEGNI STASERA
 

- recensione -

 
Davvero con le migliori intenzioni, senza preconcetti e cattiverie, ma stavolta siamo vicini al Leone d'Oro per il peggiore film italiano. Eppure Tavarelli ci aveva ben impressionato, ricordiamoci di "Un Amore", toccante storia a cavallo nel tempo tra un uomo e una donna, oppure il disperato e intenso "Qui non è il Paradiso". Ma già da "Liberi" la situazione era molto cambiata: il film era sfilacciato e non riusciva a decollare, sebbene le performance di Giovanni Maria Burruano e di Elio Germano erano abbastanza buone. Ma stavolta? Stavolta con "Non prendere impegni stasera" siamo in zona fiction + reality show alla Maria De Filippi. In una Roma un po' aliena si incrociano storie di gente comunemente frustrata: c'è chi ha un tumore, chi non fa sesso, chi ne fa troppo, chi si trova l'amante giovane ma verace, chi ama farsi masturbare da  
 
una ragazza cinese. Coadiuvato da un cast di prim'ordine (sulla carta), la pellicola ha tre grandi pecche: sceneggiatura, regia, recitazione. La storia è troppo raffazzonata per poter davvero piacere, troppo due "camere e una cucinotta" (senza offesa alla simpatica attrice, che ha almeno il buon gusto di non farsi vedere da un po' di tempo in questo genere di pastrocchi), troppo vicina ad una puntata di una  
fiction da prime time. Perché alla fine questa è una buona puntata per una serie da intitolare "Desperate Italians", sia perché non c'è una parola, una battuta che abbia una vita a parte, sia per la piattezza con cui, oltre al didascalismo Tv, si procede alla ricerca disperata di un acme che non c'è. Lasciamo anche allo sprovveduto spettatore la scoperta del ridicolo involontario (la morte di Zingaretti) o dell'ipertrofismo da reality (Tirabassi ha un tumore) o anche dei problemi claustrofobici (Renzi che ha gli attacchi in ascensore), non resisterà a trattenere risate con lacrime annesse. La regia tenta di arraffare quello che può perché, di fronte ad un ritratto generazionale, è giustificata dal tema e quindi portatrice dello stilema "tutto, di tutto, di più", non si risparmia nei bozzettistici luoghi comuni e nello sciorinamento di tutti i cliché dell'italiano medio. Questa catastrofe si sarebbe potuta salvare grazie al lavoro degli attori, ma sfortunatamente, invece di essere una marcia in più, questi sono una marcia indietro. Gassman e Inaudi sono poco credibili nel ruolo di fidanzati in crisi, Zingaretti ripete in versione soft la parte che aveva nello scult di Faenza, Battiston e la Cescon fanno quello che possono, ma i loro personaggi sono già stati scritti male in partenza. Dopo tutto questo che altro dire, se non di evitare questo gioiello o correre a vederlo per un paio di grasse risate.


(di Gabriele Marcello )

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