NON E' PECCATO
 

non è peccato recensione

 
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta si sviluppò in Inghilterra il “Kitchen Sink drama”: con umorismo sarcastico, coraggioso realismo e varie connotazioni politiche si descrivevano soprattutto la mancanza di lavoro, la povertà, la vita di tutti i giorni delle classi popolari. Glatzer e Westmoreland, registi e scrittori, rivisitano il genere (ma con toni meno duri) e ambientano il tutto nell’Echo Park di Los Angeles, il quartiere che vede la massima concentrazione di immigrati messicani. “Non è peccato” si caratterizza per gli interessanti usi e costumi che descrive e che lo schermo raramente mostra. Con vivacissimi dialoghi che vedono una musicalissima miscellanea di inglese e spagnolo (il doppiaggio banalizzerà ogni cosa?) abbiamo uno spaccato di vita reale dove bigottismo, superstizione, tensioni razziali, sessuali e di classe la fanno da  
 
padrone. Non siamo però di fronte a un’opera fortemente drammatica o angosciosa, tutt’altro. Tre protagonisti, le cui storie sono mirabilmente incrociate (e che ruotano intorno a un momento chiave nella vita dei teenager di origine ispanica), personaggi umanissimi che ti sembra di conoscere da sempre, un susseguirsi di vicende che coinvolgono senza un attimo di sosta e che vorresti proseguissero (e in cui ogni  
spettatore può ritrovare una parte di sé). Recitazione, ritmo, montaggio, location… Ogni aspetto di “Non è peccato” è da lodare senza riserve: un film che stimola la partecipazione, la sensibilità, l’intelligenza del pubblico e che è un invito all’accettazione, alla solidarietà, alla comprensione dell’altro. Qualcuno, a proposito di questa pellicola, ha parlato di “realismo poetico”: non si potrebbe definire meglio il lavoro che i due giovani registi hanno realizzato e che giustamente ha ricevuto i premi più prestigiosi al Sundance 2006. Applausi a scena aperta a Emily Rios, Jesse Garcia, Chalo Gonzales: non recitano ma “vivono” i loro ruoli come meglio non si potrebbe e i loro volti non saranno facilmente dimenticati.


(di Leo Pellegrini )

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