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recensione non
è mai troppo
tardi
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Ricetta che non può
sbagliare: si prendano
due tra i più
grandi attori viventi,
li si metta nei ruoli
che più a loro
si addicono, nella
fattispecie il vecchio
saggio ponderato per
uno e il vecchio impenitente
dallo sguardo ferino
per l’altro,
li si metta a rapportarsi
sul senso della vita
e della morte, tra
bilanci esistenziali
e riflessioni di filosofica
quotidianità
(sei mai stato felice?),
e si lasci che sia.
Il massimo risultato
col minimo sforzo
non sarà sinonimo
di un capolavoro destinato
a passare alla storia
del cinema ma garantirà
quantomeno un film
che mantiene quello
che promette: sane
risate talvolta amare,
buoni sentimenti,
qualche parentesi
toccante. Il vecchio
Rob Reiner, dopo qualche
prova infelice, si
affida all’usato
sicuro, tutto made
in Hollywwod in versione
minimal, non rischia,
non strafà,
non si avventura in
acque perigliose |
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limitandosi
a sorvolarle
e sfiorarle
lievemente.
E questo
è
il suo
più
grande,
forse
unico,
merito.
Al resto
ci pensano
Jack
Nicholson
e Morgan
Freeman,
due
che
non
hanno
certo
bisogno
di qualcuno
che
spieghi
loro
come
si fa
ad aprire
e chiudere
siparietti
comici
in barba
alla
puzza
d’ospedale,
a farsi
beffe
della
dipartita
finale
ma solo
per
farsi
trovar
pronti
all’appuntamento,
a far
dimenticare
il già
stravisto
e il
già
strasentito,
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a pizzicare
le corde delle
emozioni con
naturale slancio,
un pizzico
di piaggeria,
melanconici
rimpianti,
senza menarla
troppo in
verbosità
o spremute
di cuore.
Sarà
per questo
che il film
scorre via
lineare e
senza intoppi,
senza grandi
clamori o
gesti plateali
(le cose da
fare prima
di morire
sono sempre
le stesse:
il paracadute,
una corsa
in macchina,
una scopata),
riuscendo
a tracciare
l’eterna
tragicommedia
della vita
umana camminando
come un equilibrista
sul filo,
mantenendosi
a debita distanza
sia dal ruffiano
consolatorio,
per cui la
vita, per
schifosa che
sia, vale
sempre la
pena di essere
vissuta, al
ritmo di una
struggente
ballata rock
in sottofondo
(vedasi “Elizabethtown”),
che, al contrario,
dal fastidiosamente
melodrammatico,
grigio e menagramo,
del tipo la
vita non è
che una valle
di lacrime
piena solo
di sangue
e merda (si
prenda “Follia”
tanto per
citarne uno).
Disincantato
senza essere
cinico (la
vita è
quella che
è e
tale dobbiamo
tenercela),
benevolo senza
essere puerile
(la vita è
quella che
è e
tale dobbiamo
tenercela
ma nulla ci
impedisce
di lasciare
qualcosa di
buono) , “Non
è mai
troppo tardi”
sembra onesto
anche se forse
non lo è.
In fondo è
un pregio
anche questo.
(recensione
di Mirko
Nottoli
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film "non
è mai
troppo tardi"! |
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