NOI DUE SCONOSCIUTI
 
locandina noi due sconosciuti

recensione: noi due sconosciuti

 
Troppo spesso e troppo presto sfuggono i motivi, il senso dell’operazione. Il produttore Sam Mendes si è subitamente innamorato della sceneggiatura, del progetto. Forse perché vi ha intravisto suggestioni, propositi (in realtà decisamente confusi) vicini a quel suo aspro e piagante non-apologia della “way of life” americana che è “American Beauty”. E in effetti, almeno per certi versi, i punti di contatto tra il film della Bier e quello di Mendes non sono pochi: affresco dettagliato della borghesia americana, un po’ ricca, un po’ annoiata, paralizzata di fronte ai suoi patetici sogni di felicità, incapace di affrontare il dolore, i colpi della vita, e le sue malinconie che tolgono il fiato. Ma la Bier non ha statura, non riesce ad imporre personalità e vera durezza alle immagini. I suoi tentativi sono sgraziati (primissimi  
 
piani distribuiti con una certa casualità), inquadrature inutilmente virtuosistiche (“plongée” su teiere e sigarette). Così come in fondo stantia è la scelta di lavorare a una narrazione a incastro (come nel film di Mendes, come in Altman), per cui flashback, presente, memoria, sogno si mescolano senza discontinuità. Certo alcune battute sono folgoranti, nel loro condensare la vuotezza   recensione noi due sconosciuti
barocca dell’alta borghesia americana («Per l’arredamento mia moglie si fa consigliare dal figlio di Saddam Hussein»), alcuni personaggi decisamente riusciti (Benicio Del Toro dà vita a un outsider di rare cupezze). Ma permane una decisa e infastidente sensazione di confezionamento, di furbo ammiccamento, di inutile gigioneria registica. “Noi due sconosciuti” non è un requiem, non è un’indagine (vera) nella cognizione del dolore, non è una spina nelle contraddizioni della contemporaneità americana. La borghesia si trastulla in mille inutilità, ma in fondo ha un cuore grande. Chi resta ai margini rischia di perdersi, ma in fondo conserva la speranza. «Accetta ciò che c’è di buono» è il leitmotiv (ricorrente fino all’irritazione) del film. Due ore di lacrime, tenerezze (quasi sempre programmatiche), spaesamenti esistenziali. Due ore di incroci, di destini drammatici (fino al ridicolo), di ripensamenti. Per arrivare ad accettare ciò che c’è di buono?


(recensione di Mattia Mariotti )


- Scrivi la tua recensione del film "noi due sconosciuti"!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2008. Tutti i diritti (sulla recensione e le recensioni) sono riservati.