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recensione niente
è come
sembra
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Il percorso, intimista
e spirituale, di un
antropologo in crisi,
diviene uno spunto
per riflettere sulle
scelte di vita e sull’approccio
a Dio e alla fede.
Smarritosi nel bel
mezzo di una selva
oscura, l’antropologo
Giulio Brogi vive
un sogno premonitore
che gli anticipa un
momento catartico:
una conversazione,
bizzarra, bislacca
e a tratti angustiante,
con degli intellettuali
che gli offriranno
aiuto e rifugio dal
bosco, e lo porranno
di fronte a domande
fondamentali, sull’esistenza
di Dio, sulle ragioni
della fede e sul senso
della vita. Egli è
un ateo in crisi,
alla ricerca di un
percorso di salvezza,
che si muove con passo
incerto lungo il sentiero
della vita. Benché
questo possa a volte
sembrare agevole,
nulla è come
sembra e nuovi dubbi,
e nuovi problemi,
sono pronti a costringerlo
a confrontarsi con
se stesso. Anche se,
forse, nulla cambierà. |
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Ma qual
è
la strada?
Qual
è
la via,
non
solo
per
Brogi,
ma per
il mondo
tutto,
che
pare
essersi
smarrito?
Battiato
sembra
(ma
potrebbe
non
essere
così)
suggerire
la via
della
riflessione,
la via
dello
sforzo
meditativo,
che
più
di ogni
altro
ci permette
di raggiungere
il nostro
“Dao”,
arco
Zen
che
si tira
da solo
verso
l’unico
bersaglio
possibile.
Nel
farlo,
però,
il cantautore
siciliano
–
qui
al suo
terzo
lavoro
da regista
–
azzarda
uno
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sperimentalismo
di comodo
che rinuncia,
scientemente
e frettolosamente,
sia all’approccio
verista, sia
a quello immaginifico.
Si tenta una
descrizione
a-soggettiva
che rifiuta
di essere
oggettiva
(l’auto-ripresa
dall’esterno,
usata in più
scene, e realizzata
attraverso
una mdp attaccata
all’attore),
ma l’elemento
estetico è
troppo povero
per catturare
attenzione
e quello contenutistico
solamente
abbozzato
in un frammentato
dialogo attorno
a un visibile-non
visibile concetto
da veicolare.
Battiato assembla
ricostruzioni
palesemente
fittizie della
realtà
e tentativi
(a volte riusciti:
i baccelli
nel vulcano)
di simbolismo,
ma lo fa inseguendo
una furba
incoerenza.
E affida il
cuore del
film ad un
gruppo di
individui,
che, recitando
in modo approssimativo,
presentano,
sovente per
schematismi,
svariate posizioni
filosofiche,
ideologiche
o teologiche.
I discorsi
di questi,
tuttavia,
sono didascalici
per chi è
aduso a riflettere
in profondità
e appaiono
un inutile
onanismo per
chi vi si
avvicina più
di rado. Giusto
riconoscere
alcune intuizioni,
come i documentari
(veri e falsi)
sui costumi
popolari tradizionali
o la lettura
dei tarocchi
ad opera di
un magnetico
Jodorowsky.
Ma resta un
percorso incompiuto
e incerto,
che non osa
sino in fondo
perché
non rivestendo
pensieri alti
di una forma
alta rassomiglia
ad un testo
ben scritto,
ma accompagnato
da una musica
incolore e,
a tratti,
cacofonica.
(recensione
di Dario
Bevilacqua
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è come
sembra"! |
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