NELLA RETE DEL SERIAL KILLER
 
locandina nella rete del serial killer

recensione

 
Come vi comportereste se un amico vi consigliasse un sito, o comunque giungesse alle vostre orecchie tramite passaparola? Non la dareste un’occhiata? Giusto il tempo di un piccolo click del vostro mouse. È quello, in sintesi, che l’affermato regista Gregory Hoblit – già autore di thriller d’effetto come “Il tocco del male” e “Il caso Thomas Crawford” passando per “Schegge di paura” e “Frequency” – cerca di raccontare a suo modo, attraverso le azioni di un serial killer che mette in streaming, in un sito irrintracciabile, le immagini delle persone che rapisce. Più contatti (e quindi più click) ci saranno sul suo sito, più velocemente le sue vittime saranno destinate a morire, nei modi più assurdi : come dire che le vite dei suoi prigionieri sono nelle mani del pubblico. È sicuramente una storia molto attuale,  
 
legata imprescindibilmente al problema etico (tutt’ora in atto) relativo all’uso (e abuso) e alle potenzialità di internet. È certamente ben raccontata da una mano non alle prime armi. Gli attori sono sicuramente all’altezza. Però si ha come l’impressione che manchi quel “quid” in più che ti cattura durante la visione: c’è abbastanza tensione ma non troppa, la psicologia dei personaggi sembra essere trattata in maniera   recensione nella rete del serial killer
troppo superficiale (a parte forse la protagonista, l’agente Jennifer Marsh interpretata dalla candidata all’Oscar Diane Lane), anche la suspence non sembra mai arrivare a dei livelli altissimi. Tutto ciò sembra vanificare appunto la scelta di un argomento che a livello cinematografico è senza dubbio originale: dal modus operandi del killer alla sezione dell’FBI che segue il caso, l’unità del cyber-crimine predisposta a combattere i crimini on-line e che fino a 6-7 anni fa neanche esisteva, fino alla scelta di usare un linguaggio tecnico-informatico molto specifico di difficile comprensione per i non addetti ai lavori. Hoblit sembra prediligere scene senza tantissimi movimenti di macchina, anzi al limite della staticità, per percorrere in parallelo la strada del voyeurismo propria dei fruitori di internet, di quelle persone cioè che spinte da una morbosa e immorale curiosità, alimentata anche dalla condizione di anonimato, sono pronte e ben “felici” di poter gustare qualunque spettacolo la rete gli offra, anche il più macabro. Specchio di ciò, in questa direzione, il messaggio in un post all’interno del sito del killer alla fine del film che, come se nulla fosse successo, come se non fossero state uccise veramente delle persone, come se lo spettacolo agghiacciante appena visto fosse un film o un gioco, recitava il più tranquillamente e cinicamente possibile: “ come posso fare il download di questo file?”


(di Mauro Missimi )


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