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Santità didascalica
e odor d’incenso
benedetto nientemeno
che dal Vaticano (che
ha aperto le porte
alla pellicola con
speciale proiezione
in loco, diversamente
dal respinto e ora
reietto Mel Gibson,
ai tempi del suo “The
Passion”) approda
in via di riscossione
di pubblico natalizio,
“Nativity”.
Diretto da Catherine
Hardwicke la regista
che consegnò
alle sale “Thirteen”
film indipendente
sui graffi adolescenziali,
esegue e inscena pedissequamente
gli eventi che portarono
alla nascita del Messia.
Dal viaggio Nazareth/Betlemme,
alla suggestione delle
stelle che illuminano
i viandanti sino alla
nascita del bambino
nella mangiatoia tra
il bue e l’asinello.
Maria è interpretata
da Keisha Castle-Hughes,
giovanissima attrice
magnetica mentre Giuseppe
è l’efficace
Oscar Isaac, uomo
incredulo ma buono.
Pellicola fotografata
in modo ineccepibi- |
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le,
raccontata
in stile
che
più
classico
non
si può,
limitata
e limitante
nel
riportare
senza
fantasia
registica
ciò
che
risiede
nei
ricordi
del
catechismo
e dei
presepi
viventi
e prima
ancora
nelle
sacre
scritture.
Non
aggiunge
né
toglie
nulla
alla
vicenda,
qui
piattamente
scevra
di guizzi
e virtuosismi
personalizzanti.
La cura
dei
costumi
e delle
ambientazioni,
l’attenzione
al ritmo
che
diciamolo
pure
è
televisivo,
completano
il quadro |
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d’insieme.
Erode e i
cattivi del
tempio sono
quasi macchiette
nell’espletazione
dell’antagonismo
mentre i Re
Magi –
e non tacciateci
di blasfemia!
– potremmo
paragonarli
ad Aldo, Giovanni
e Giacomo
tanto ce la
mettono tutta
per rendersi
simpatici.
“Nativity”
è un’innocua
operazione
che non lascerà
tracce nella
memoria.
(Recensione
di Daniela
Losini)
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recensione del
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