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recensione miracolo
a sant'anna
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Quest’anno il
film più atteso
al Festival Internazionale
del Cinema di Toronto
è stato l’ultimo
titolo di Spike Lee
“Miracolo a
Sant’Anna”.
Incredibile ma vero;
un film che racconta
un capitolo della
storia italiana è
la più invocata
anteprima mondiale
del festival più
glamour di tutto il
continente. Peccato
che i giornalisti
italiani presenti
alla proiezione stampa
fossero pochissimi
e pochi anche gli
italo-canadesi alle
proiezioni pubbliche.
È un peccato
soprattutto perché,
dopo che abbiamo visto
passare nelle Special
Presentation “Gomorrah”
(rigorosamente con
l’acca in inglese)
e “Il Divo”,
che gettano una luce
agghiacciante sull’Italia
contemporanea, il
coraggio e la caparbietà
dei toscani durante
la Resistenza avrebbero
potuto risollevare
gli spiriti di quanti,
ogni tanto, si vergognano
delle cose che succedono |
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nel
Bel
Paese.
La sceneggiatura
di questo
primo
film
di guerra
del
regista
americano
proviene
comunque,
immancabilmente,
dalla
rilettura
straniera
dei
fatti
di Sant’Anna
di Stazzema,
cioè
quella
esposta
nel
romanzo
omonimo
dallo
scrittore
James
McBride.
Una
versione
che
è
stata
più
volte
tacciata
di revisionismo
e che
ha ingenerato
polemiche
a non
finire.
Spike
Lee
però
evita
l’ostacolo
a piè
pari,
trasfigurando
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gli accadimenti
con un’impronta
di magia e
spiritualità
del tutto
nuove nel
genere. Non
solo. Tutta
la narrazione
è incorniciata
da un mistero,
quasi da film
poliziesco,
che s’incunea
nel racconto
storico riportandolo
ai giorni
nostri. Il
film inizia
con un impiegato
postale che
uccide a sangue
freddo un
uomo dall’accento
strano. Quell’uomo
evidentemente
appartiene
al passato,
ma a quale
passato? Forse
lo stesso
che lega l’assassino
ad una preziosissima
testa in marmo,
scomparsa
dopo la liberazione
di Firenze
nel 1944.
Da questi
fatti inizia
il lungo flashback
sulle gesta
della compagnia
Buffalo (principalmente
composta da
neri americani),
impegnata
a liberare
la Verislia
durante l’occupazione
tedesca. Si
tratta della
stessa Versilia
che è
stata teatro
di una delle
più
brutali stragi
compiute dai
nazisti in
Italia: l’uccisione
di 560 innocenti
davanti alla
chiesa di
Sant’Anna
di Stazzema,
compiuta con
lo scopo di
diffondere
il terrore
tra gli italiani
e dissuaderli
dall’aiutare
i partigiani.
C’è
un superstite
però:
un bambino
di nome Angelo
che sembra
avere degli
strani poteri
e che stabilirà
uno speciale
rapporto con
uno dei soldati,
un gigantesco
afroamericano
con qualche
ritardo mentale.
“Miracolo
a Sant’Anna”
è quindi
un film di
guerra che
tenta di sovvertire
le regole
del genere,
contaminandolo
con tecniche
estranee e
inserendo
temi come
il razzismo,
la magia e
la superstizione.
In gran parte
Spike Lee
va a segno
(grazie anche
alle ottime
prove attoriali,
tra le quali
spiccano quelle
di Omar Benson
Miller, Pierfrancesco
Favino e del
piccolo Matteo
Sciabordi)
offrendo momenti
di forte intensità
e, ogni tanto,
addirittura
di grande
cinema. Purtroppo
però
la sceneggiatura
è troppo
meccanica.
Anche la regia,
spesso adeguata,
a volte pecca
di banalità
(come quando
vengono giustapposte
le preghiere
delle varie
controparti)
e risulta
didascalica
nei discorsi
filosofeggianti
e nelle troppe
scene madri,
che vanno
a convergere
in un finale
ai limiti
dell’accettabilità.
Quello che
dispiace è
che a fianco
del coraggio
di innovare
ci siano scelte
brutali (come
una colonna
sonora francamente
insopportabile)
che vituperano
la grandezza
del progetto.
Ad ogni modo,
come già
detto, in
gran parte
Spike Lee
va a segno,
regalandoci
un film non
indimenticabile
ma godibile
e che ha reso
per una volta
protagonista
la nostra
storia nazionale
in un grande
festival d’oltreoceano.
(di Marco
Santello
)
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a sant'anna"! |
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