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Si può fare
cinema commerciale
d’autore? Una
Piazza Grande gremita
ha salutato il ritorno
del cinema americano
mainstream dando una
risposta più
che affermativa. Apertura
col botto (in tutti
i sensi) quella del
59’ Festival
di Locarno, con "Miami
Vice" sullo schermo
piu’ grande
d’Europa nella
sua anteprima internazionale.
Un grande palcoscenico
per un grande film.
Un poker d’assi
ci regala un film
tanto bello, quanto
poco commerciale.
Un distratto Colin
Farrell, uno straordinario
Jamie Foxx, una brava,
bellissima e sprecata
Gong Li, il solito
sontuoso Michael Mann.
Del prodotto televisivo,
neonoir che invento’
il “cool”,
quest’ultimo
era il produttore
e deus ex machina.
Fu il laboratorio
dove affino’
l’arte che poi
avremmo apprezzato
da "Manhunter",
antenato migliore
e sottovalutato de
"Il silenzio
degli innocenti",
fino all’ultimo
"Collateral",
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forse
la sua
opera
migliore.
Ancora
una
volta
il regista
di Chicago
reinterpreta
con
maestria
il cinema
di genere,
utilizzando
nuove
tecnologie,
la sua
grande
esperienza
ed un
talento
visivo,
tanto
visionario
quanto
realistico.
Dimenticatevi
Don
Johnson
e Philip
Michael
Thomas,
macchine
e vestiti
sgargianti.
Sonny
e Rico
sono
cambiati.
Dopo
vent’anni
Miami,
conservatrice,
ricca
e ottimista,
è
stravolta,
specchio
di un
America
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allo sbando.
Lo intuiamo
subito, da
quegli sguardi
duri e dolenti
di Colin Farrell
e Jamie Foxx,
ormai nuovo
attore feticcio
del cineasta.
Le donne non
sono arredamento,
ma forti,
consapevoli,
”che
non hanno
bisogno di
un marito
per avere
una casa”,
come ci ricorda
Gong Li. I
cattivi vincono,
i buoni soffrono,
tutti sono
brutti, sporchi
e cattivi,
tranne Foxx,
mai banale
nell’interpretare
i suoi eroi
a tutto tondo.
E’ un
mondo di colletti
bianchi, più
o meno sporchi,
che giocano
sulla testa
dei poveri,
dei deboli,
ovviamente
sempre sacrificabili.
E’ una
Miami scura,
cambiata come
nella realtà:
nell’estetica,
nella gente,
nello spirito.
Molti si aspettano
un nuovo Starsky
e Hutch, ma
del “buddy
movie”
(film incentrato
su una coppia
di amici eterogenei
quanto uniti-
ndr) qui abbiamo
solo lo spunto.
Per questo
fa male che
un ottimo
film, che
dimostra che
l’alto
budget può
coincidere
con la qualità,
sia stato
condizionato
dal perverso
sistema dei
test screenings,
pare fallimentari.
Da lì
nasce la storia
d’amore
Gong Li- Farrell,
farraginosa,
ingenua e
mal scritta.
Così
come il lieto
fine stucchevole.
Raccontare
i sentimenti
è il
tallone d’Achille
della cinematografia
del regista,
quando non
l’affronta
con il suo
ironico disincanto.
Si può
chiudere un
occhio, però.
La regia magistrale
e la prospettiva
scomoda di
narrazione
ci regalano
comunque un
piccolo gioiello:
incastonato
in alcune
battute fulminanti,
come quando
viene ricordato
che molti
mezzi degli
spacciatori
di droga sono
gli stessi
“della
Cia a Baghdad”.
(di Boris
Sollazzo
)
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recensione del
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Vice"! |
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