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recensione: Maradona
di kusturica
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Ciò che più
non convince, e anzi,
a tratti, infastidisce
della doc-biografia
che Kusturica costruisce
in “Maradona”,
è la costante
e insistita non lontananza
dal soggetto, dalle
immagini, dal racconto.
Come se Kusturica
riprendesse e anzi
portasse all’estremo
quella (già
discutibile) tendenza
inaugurata da Moore.
Ad essere puristi,
il documentario esigerebbe,
quantomeno nell’approccio,
massimo rigore, distacco,
lontananza. A parlare
dovrebbero essere
le immagini, reali,
dovrebbe essere la
vita che in essa resta
intrappolata. E invece
Moore, e qui Kusturica,
si fanno promotori
di un documentario
pesantemente protagonistico,
in cui la propria
presenza (fisica,
innanzitutto, ma anche
sentimentale, ma anche
concettuale) diviene
presto fin troppo
esuberante, fin troppo
coinvolta (e, per
noi spettatori, invece
poco |
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coinvolgente).
Quello
che
resta,
insomma,
non
è
(solo)
la vita,
le angustie,
i sorrisi
di Maradona
(e della
sua
parabola
triste)
ma la
vita,
le angustie,
i sorrisi
in relazione
a Kusturica.
Che
arriva,
addirittura,
a portare
Maradona
in famiglia
per
filmarne
la compagnia
con
il figlio,
con
il nipote,
con
la madre.
Sprofondando,
così,
in un
cattivo
gusto
e in
un fraintendimento
talmente
abissale
da svuotare
completamente
l’intera
e |
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già
delicata operazione.
Non solo,
ma Kusturica
sente, spesso,
il bisogno
di sottolineare
i diversi
passaggi della
vita o del
racconto di
Maradona con
frammenti
tratti dai
suoi film.
Anzi sente
sempre più,
con lo svolgersi
del documentario,
la (nociva
e inconcludente)
necessità
di autocitarsi
(o autopromuoversi,
dopo gli ultimi
flop?), di
tracciare
parallelismi
(peraltro
quasi sempre
improbabili
e macchinosi)
con le sue
immagini (“Papà
è in
viaggio d’affari”,
“Ti
ricordi di
Dolly Bell?”,
“Gatto
nero, gatto
bianco”).
A Cannes “Maradona”
è stato
presentato
insieme a
un'altra doc-biografia,
su Tyson.
A noi è
servito per
misurarne
la distanza.
Qui Toback
lasciava che
a parlare
fossero gli
occhi intristiti
di Tyson (la
cui parabola,
peraltro,
non è
poi così
lontana da
quella di
Maradona),
o i suoi timidi
sorrisi, o
le sue goffe
insicurezze.
Lasciava,
come dovrebbe
essere nel
documentario,
che a parlare
fossero frammenti
di vita, da
osservare
e studiare
nascosti dietro
il protettivo
e malinconico
occhio della
macchina da
presa.
(di Mattia
Mariotti
)
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recensione del
film "maradona
di kusturica"! |
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