MA LA SPAGNA NON ERA CATTOLICA?
 

recensione

 
Film-documentario “Ma la Spagna non era cattolica?”, è uno sguardo su comportamenti e atteggiamenti tipici di un’Italia (gli italiani!!) ostinata, bloccata, riluttante, cieca, cattolica, sorda ai bisogni di riconoscimento di nuovi diritti sociali, emersi dal contesto sociale italiano, soprattutto in questi ultimi decenni. La risoluzione del problema prevedrebbe un’unica risposta da parte dello Stato, quella della attuazione del “diritto nella società”. Questo film-denuncia, diretto da Peter Marcias, è stato presentato alla 63ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2006, nella sezione “Giornate del Cinema Omosessuale”. La Spagna, governata da Zapatero, ha riconosciuto a specifiche categorie di cittadini, la loro identità di espressione in modi di “essere”, ed ha legittimato nella norma, questo diritto di libertà, intesa come  
 
“indipendenza da ogni costrizione imposta dalla volontà di un altro”, con l’approvazione di leggi, che garantiscono a queste persone, la tutela, in quanto cittadini, nel diritto positivo. Tale riconoscimento ha generato dibattiti piuttosto caldi sia in Spagna, che in altri paesi. La Spagna è un paese cattolico. Ma anche l’Italia è un paese cattolico! Viene attivata un’inchiesta, da parte della televisione spagnola, per conoscere  
come gli italiani si pongano verso questo atteggiamento politico della Spagna in merito al riconoscimento di nuovi diritti sociali e civili, ed in particolare si tende a vagliare la sensibilità degli italiani verso le unioni omosessuali. Una troupe della televisione spagnola viene inviata a Roma. Il giornalista Andrea Miguel Hernandez (Alessandro Averone), viene incaricato di condurre alcune interviste a caso a cittadini romani, e pone loro la fatidica domanda: “Cosa pensa delle riforme adottate da Zapatero in Spagna, con particolare riferimento ai diritti legittimati alle coppie omosessuali? Pensa che nel prossimo futuro, tali riforme possano essere adottate anche in Italia?”. Nel condurre l’inchiesta il giornalista spagnolo fortuitamente incontra Martina (Elena Arvigo), a cui, molti anni prima a Madrid, era stato legato sentimentalmente. Martina comunica ad Andrea Miguel la sua nuova relazione di coppia con Irma (Caterina Gramaglia), gli dice di avere anche una figlia, ma tace volutamente nel confessargli che il padre della bambina è proprio lui, Andrea Miguel. Peter Marcias, sintetizza in 80’ di racconto, sul palcoscenico della grande piazza di S. Pietro, con, in sottofondo, lo scampanio proveniente dall’icona della cristianità: la basilica papale, l’atteggiamento che gli italiani nutrono verso rivendicazioni da parte di persone, che reclamano riconoscimenti nella norma, del proprio stato di cittadini, “diversi” per il proprio modo di essere. Gli italiani non possono guardare con obiettività al mutamento sociale in atto, pensare ad un’ipotesi di cambiamento della realtà sociale del tempo, ai suoi contrasti, ai suoi mutamenti, provocati dagli stessi contrasti. Gli italiani non possono “vedere” che nella società reale esistono, numerose, richieste di nuovi diritti. Richieste provenienti dal basso, impetuose, che reclamano riconoscimenti identitari nel diritto positivo, che travalicano il concetto del diritto della libertà da e della libertà di, e puntano all’attuazione di leggi che riconoscano i diritti anche alle persone (diciamo così!) diverse. Perché in Italia non è possibile una situazione come quella che si è creata in Spagna? Perché la Spagna ha come capitale Madrid. Roma è la capitale d’Italia, dove esiste un piccolo stato indipendente che è il “Vaticano”, dove risiede il Papa, capo della cristianità, che (come ha dichiarato Franco Grillini nell’intervista fattagli nel film), condanna le unioni contro-natura degli omosessuali e giudica immorali le coppie di fatto, non consacrate nel sacramento del matrimonio. In Italia, fa intendere il regista, il peso politico del Vaticano, della chiesa cattolica è imperante! Peter Marcias tutto questo riesce a dirlo, in modo chiaro ed anche garbato. Anche se il film non è niente di eccezionale dal punto di vista stilistico e della composizione delle immagini, tuttavia è un valido, coraggioso, documento di “sguardo” indipendente su una realtà sociale italiana in trasformazione. Prova ne sono le numerose richieste di nuovi diritti sociali.

(recensione di Rosalinda Gaudiano )


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