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recensione lo spazio bianco
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Che cos'è uno spazio bianco? Un vuoto che si può colmare, una storia ancora da scrivere, la prima pagina di un quaderno appena comprato. O è anche un momento di pausa, una sospensione nella vita, una dimensione a metà tra illusione e disincanto, nell'attesa che succeda qualcosa o che ci venga l'ispirazione, un po' come quando stiamo scrivendo e non ci viene in mente la parola che cerchiamo, quella appropriata, appunto quella lì, quella giusta. E allora lasciamo uno spazio bianco e proseguiamo. Maria è una donna non più giovanissima, non sposata, lavora come insegnante in una scuola serale e va al cinema di pomeriggio. Ha diverse relazioni ma nessuna è mai diventata stabile. Maria si è assicurata per sé una dimensione esistenziale abbastanza definita, ma sente il peso degli anni che passano e |
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probabilmente non spera più di trovare la parola giusta per riempire quello spazio, pazienza, andrà avanti lo stesso. Poi, però, resta incinta. L'uomo di cui si è innamorata ovviamente non ne vuole sapere nulla e lei si ritrova ancora una volta da sola, anzi questa volta con un creatura dentro. Decide di portare avanti la gravidanza ma il parto avviene al sesto mese, prematuramente, e il feto è a forte rischio di sopravvivenza.
Da quel |
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momento Irene, questo il nome della piccola, vive in un'incubatrice per più di due mesi, sperando di farcela e sperando di essere in grado al nono mese di essere in grado di respirare da sola, per conto proprio. Ma da quel momento Maria vive anche lei in una sua incubatrice personale, perché la vita cambia e lei sta tutto il giorno all'ospedale vicino alla sua piccola, accanto a quella trasparente scatola di vetro che aiuta Irene a respirare e a nutrirsi. Anche Maria deve imparare a vivere in questa nuova realtà, cercando di respirare cose nuove dalla vita e di nutrirsi di esperienze per lei insolite, come la compagnia di altre donne, completamente diverse da lei, che nella stessa sala d'ospedale stanno vivendo la sua stessa incertezza, quella del parto prematuro. Non possiamo sapere se riusciremo a colmare quel vuoto, se potremo scrivere alcuna cosa sulla prima pagina di quel quaderno appena comprato. Non sappiamo neanche se ci verrà mai in mente quella parola giusta per riempire lo spazio bianco. Non ci resta che sperare, restare in silenzio e mettere in gioco noi stessi e i nostri sentimenti. Alla fine Irene ce la farà e per Maria quello spazio bianco sarà l'occasione per incominciare a scrivere una nuova e lunga storia, quella della sua vita e di sua figlia. Film commovente, molto bello e intenso, tratto dal romanzo di Valeria Parrella. La sensibilità femminile viene chiamata in causa in tutti i suoi aspetti, da quello più intimo e riservato a quello più forte, deciso, tenace. Molto bella anche la figura del magistrato femminile che vive nello stesso piano del palazzo di Maria, nel portone di fronte al suo. La donna vive un'esistenza blindata perché è sempre attorniata da guardie del corpo e da poliziotti per la sua incolumità personale, perché sta svolgendo indagini "pericolose", forse questo l'unico accenno nel film alla Napoli dei clan criminali. Questa donna magistrato è un altro modello femminile particolarmente suggestivo, forte e delicato al tempo stesso, ostinato e sensibile nella stessa maniera, un altro modo di vivere il proprio spazio bianco. E difatti è proprio lei ad assistere per prima Maria quando questa si sente male ed è costretta a correre all'ospedale per partorire precocemente. Margherita Buy, per le sue caratteristiche, è un'ottima Maria, mai isterica né troppo retorica. E Francesca Comencini regala con la sua regia momenti di grande profondità emotiva, pur senza mai sconfinare nel manierismo o nell'enfatizzazione fuori luogo. Parrella, Comencini, Buy e le altre protagoniste. Un film sulla bellezza femminile, quella dell'animo e non quella del corpo. Un film per tutti, toccante per tutti, uomini compresi.
(di Michele Canalini )
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