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Quando il prossimo 6 marzo uscirą nelle sale italiane il film di Bill Guttentag (che firma anche la sceneggiatura), «Live! ascolti record al primo colpo», con Eva Mendes, i lanci di bicchieri e gli spogliarelli del nostro Grande Fratello 9 diventeranno robetta per bambini. L'attrice di Miami interpreta Katy Courbet, una rampante creatrice di format televisivi per l'emittente American broadcast network (Abn), a caccia di idee per un nuovo reality show che faccia. il botto. Dopo giorni di brain storming, ecco l'illuminazione: riprodurre la formula della roulette russa in diretta tv. Nasce "Live!", un titolo senz'altro azzeccato, che gioca sul doppio senso "vivi!" e "dal vivo!". Si cercano sei concorrenti. Ognuno a turno si punta alle tempie una pistola caricata con sei colpi, cinque a salve e uno no. Chi vince intasca 5 milioni di dollari, chi perde  
 
muore. Ai provini, manco a dirlo, si presentano centinaia di persone. Vengono selezionati Jewel, una cheerleader (interpretata da Katie Cassidy) disposta a tutto pur di approdare a Hollywood; Brad (Eric Lively) un giovane appassionato di sport estremi; un padre di famiglia, Rick (il Jeffrey Dean Morgan di "Grey's Anatomy"), che con la vincita vorrebbe risollevare le sorti economiche della sua fattoria; Byron (Rob   recensione live!
Brown) uno scrittore esordiente a caccia di emozioni forti, paragonabili alla Prima guerra mondiale vissuta da Ernest Hemingway sul fronte italiano; Pablo (Jay Hernandez) un giovane messicano discriminato a causa della sua omosessualità, ex ballerino che vorrebbe affrancarsi dal lavoro nel ristorante di famiglia; e Abalone (Monet Mazur), ex fotomodella passata al mondo dell'arte. La trasmissione supera l'esame della Federal communications commission (Fcc) e va finalmente in onda, premiando la caparbietà di Katy, una donna in carriera senza scrupoli - suo il motto «far leva sulla disperazione funziona sempre» - spinta, in fondo, da quella stessa filosofia di vita a buon mercato di chi partecipa ai reality («non voglio essere una qualunque»). Il format ha un successo senza precedenti, raggiunge il 59% di share, ma, proprio com'era in programma, ci scappa il morto. Katy - un'Eva Mendes cui riesce bene il ruolo di antipatica yuppie dal cuore di granito - si abbandona alle proverbiali lacrime di coccodrillo, pentita di aver mandato a morte una persona «con tutta una vita davanti». Ma il tempo del pentimento dura pochi istanti, Katy è appena entrata nella storia della televisione: giornalisti e cameraman la assalgono per saperne di più. Tra di loro spunta però una mano omicida che le spara condannandola a quella stessa morte che lei stessa ha appena inferto, indirettamente, allo sfortunato concorrente: davanti agli obiettivi delle telecamere. Queste scene finali sono forse le uniche in cui il film tenta almeno di perforare quella membrana di superficialità e di luoghi comuni un po' sempliciotti sui limiti dell'etica televisiva, in cui la pellicola di Guttentag (due volte premio Oscar con i cortometraggi "You don't have to die" del 1989 e "Twin Towers" del 2003) si avvolge per tutti i 90 minuti della sua durata. Qualche scarica di adrenalina arriva al momento della roulette russa in diretta tv. Niente, tuttavia, che non sia già stato esplorato, ormai 31 anni fa e con ben altri esiti artistici, dal Michael Cimino de "Il Cacciatore". Gratuita e manieristica la trovata di far coincidere il punto di vista del regista con la telecamera a mano di un cineoperatore dell'Abn intento a filmare la nascita del nuovo reality. Il risultato non è la verità schietta ed originaria del documentario, ma un'inutile reiterazione di scatole cinesi (un film su un reality girato come un reality) che vorrebbero assomigliare al cinema, ma danno solo l'illusione della profondità.

(di Daniele Piccini)


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