LEZIONE 21
 
locandina lezione 21

recensione lezione 21

 
“Lezione 21” racconta una storia che raccoglie mille storie, mille personaggi, molteplici mondi e guida lo spettatore in una realtà ove tutto può accadere e dove bisogna solo lasciarsi guidare dal racconto e dagli eventi, senza riserve o chiusure mentali. Mondrian Killroy è un professore universitario fuori dagli schemi; sostiene che al mondo esistono 149 opere sopravvalutate e le sue lezioni puntano a sostenere questa sua affermazione. In particolare i suoi alunni, tra cui Martha la sua prediletta, rimarranno colpiti dalla “lezione 21” sulla nona sinfonia di Beethoven, (quella dai più conosciuta come “Inno alla gioia”) ritenuta l’opera più bella del grande compositore. Killroy in un’ora e mezza vuole ribaltare questa convinzione comune attraverso il racconto delle ultime ore di vita di un giovane maestro di musica, Hans Peters, che prima di  
 
morire sperimentò un’esperienza unica in un mondo parallelo che gli permise di vivere l’attimo di bellezza perfetta che tutti dovrebbero poter ricevere prima di morire. Il professore riesce, attraverso le ultime ore di vita di Peters, a spiegare ai suoi studenti perché la nona sinfonia di Beethoven non è la migliore opera del compositore e come a volte la tradizione offuschi la verità tramandando un evento   recensione lezione 21
secondo un punto di vista. Quattro le storie che vivono di vita propria ma solo guardando il film si può capire quanto siano profondamente unite e necessarie l’una all’altra per poter vedere quello che a volte la storia nasconde agli occhi più attenti, allontanandosi dalla bellezza costruita e aprendosi a ciò che sembra assurdo e illogico. Baricco, per il suo debutto alla regia, ha deciso di dedicarsi a un mondo, quello della musica classica, a lui molto caro e di cui è un grande appassionato; come spesso nei suoi libri non cerca di spiegare qualcosa ma solo di far vivere emozioni e passioni umane intrecciando storie senza seguire necessariamente un percorso logico ma saltando anche cronologicamente da una storia all’altra rischiando, a volte, che lo spettatore perda il controllo, non riuscendo più a seguire il suo narrare ma è lo stile di Baricco, superare il limite del percorso logico per spingere l’osservatore ad abbandonarsi al modo che vede in quel momento senza protezioni. Il mondo che lui ha voluto costruire, scrivendo la sceneggiatura di questo film, secondo sua stessa ammissione, era un universo difficile da spiegare ai suoi collaboratori, primo fra tutti Domenico Procacci, suo produttore; per cercare di rendere più chiaro quello che lui aveva nella mente si è affidato al fumettista Tonino Liberatore che, attraverso i suoi racconti, è riuscito a rendere reali i suoi personaggi e quel mondo che fino a quel momento esisteva solo nella sua mente, potendo quindi condividerlo con coloro che avrebbero dovuto renderlo reale. Il cast di attori è inglese da un’idea di Procacci che, leggendo la sceneggiatura, ha ritenuto la lingua inglese più idonea; Baricco ha tratto giovamento da questa decisione perché ciò gli ha permesso di lavorare con gli attori molto prima delle riprese, attraverso prove e lo studio sui singoli personaggi, un approccio molto teatrale, mondo a cui Baricco si è dedicato negli ultimi dieci anni. Le riprese sono state realizzate in Italia, in Trentino, per volere dello stesso regista che non voleva allontanarsi troppo dai suoi affetti, luogo che però ha regalato scorci magici e di grande effetto. Il neo regista non disdegna un suo possibile ritorno al cinema, non abbandonando mai il mondo dei libri, uno già in fase di realizzazione, e ha confessato che a volte la mattina si sveglia con in testa un racconto cinematografico, segno che questa esperienza lo ha segnato e che magari un altro mondo aspetta di essere raccontato secondo il suo personale punto di vista.



(di Tamara Malleo )


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