LETTERE DALLA SICILIA
 

lettere dalla sicilia recensione

 
Sicilia, anno 1843, un’aristocratica famiglia inglese, dell’epoca vittoriana, approda sulle coste della Sicilia per compiere un viaggio di piacere verso Segesta (l’antica Egesta), finalizzato a conoscere la leggendaria cultura ellenica. Sir Warwik (Andrea Giordana) e Lady Warwik (Piera Degli Espositi), sono marito e moglie, zii di Victoria (Linda Gennari) e di Penelope (Giulia Gulino-Galatea Ranzi), e percorrono in carrozza le strade assolate e tortuose della Sicilia in compagnia del fidanzato di Victoria, Morgan (Gualtiero Burzi). Lungo il cammino, il gruppo di turisti, ognuno a modo proprio, non tarda a mettere in contrapposizione la propria educazione vittoriana e borghese con le antichità di una cultura ellenica che i luoghi della Sicilia, strumento di formazione culturale, offrono come spettacolo e quindi come riflessione interiore. Le  
 
personalità dei viaggiatori emergono malamente al contatto con quelle grandezze di un passato storico spesso idealizzato. I coniugi Warwik non tardano a manifestare la loro ottusità e chiusura verso una cultura che considerano quasi inferiore. Differenze di atteggiamento si manifestano nei giovani. Victoria, piena di slancio ed esuberanza, si sente protagonista di un viaggio sublime, elitario. Per Morgan, suo fidanza-  
to, la situazione presto diventa non più controllabile: preso da una forza sognatrice, prevarica il limite dell’immaginario e si abbandona ad allucinazioni grottesche e schizofreniche. Manuel Giliberti (“Giovanni Falcone: I giorni della speranza”, scenografo in “Gli astronomi” ), in questo film “Lettere dalla Sicilia”, non riesce minimamente a dare un afflato di vitalità che alimenti la storia, la narrazione. Al film mancano la vita e la carica della cultura siciliana che si contrapponga a quella vittoriana dei personaggi. Mancano i soggetti rappresentativi di un’epoca. Manuel Giliberti mette così in scena crisi esistenziali, malumori romantici, in un contesto filmico alquanto spaesato, rigido, bloccato, schematico. Di questo lavoro cinematografico (che sa più di rigida piece teatrale), ne fanno le spese Piera Degli Espositi, sempre professionalmente valida, ed Andrea Giordana, costretti, purtroppo, in rigide caratterizzazioni di due personaggi dell’austera epoca vittoriana.

(recensione di Rosalinda Gaudiano )

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