LES AMBITIEUX
 

les ambitieux recensione

 
Cosa sareste disposti a fare per l’ambizione e per il successo? Calpestereste il cadavere di qualcuno? E se sì, sareste disposti a calpestare il cadavere del padre della donna che, si presuppone, amate? Tutte queste domande e ben altro, con le relative risposte, si trovano nella commedia molto borghese e sentimentale della regista Catherine Corsini. Julien è un ragazzo francese che sente il sacro fuoco della scrittura ardergli dentro. Propone un suo manoscritto a Judith, famosa editrice, ma la donna lo considera privo di talento, ma non di fascino, e se lo tiene buono come amante. Julien scopre delle carte scottanti riguardanti il padre di Judith e inizia a imbastire un romanzo su tutto ciò. Quando la donna se ne accorge va su tutte le furie e non potendo eviatare la pubblicazione tenta di rovinare il suc-  
 
cesso del suo ex amante, ma il destino ha in mente altri piani. Semplice e lineare, questo Les Ambitieux, è una tipica commedia borghese e metropolitana, stranamente lontana dai cliché francesi e molto più vicina ai classici moderni Hollywoodiani. Non c’è la filosofia di Claude Lelouche, i tipici trittici amorosi maschio femmina, nè la cattiveria graffiante di un Leconte, della serie maschio contro femmina in  
uno scontro impari e cattivo, o di Michael Blanc, nella sua caterva di equivoci a ripetizione, dobbiamo quindi constatare che l’esempio più concreto da fare per questa pellicola della Corsini è Nora Ephron. Sembra strano da una francese, ma il balletto sentimentale/amoroso/verboso è più vicino ad "C'è posta per te" o ad un "Sex and city" in versione casta, che non ad una tipica commedia francese. Ma questa “inversione di marcia” non si avverte solo nello stile, nella geometria del film, privo dei classici tempi morti alla francese, o della logorroicità e della mancanza di ritmo: le scelte delle inquadrature sono molto lineari e pulite, molto uso di un decupage classico, e anche un utilizzo della musica tipicamente American Stile. Il tema della sete di potere che si scontra con le ragioni del cuore viene sviluppato con molto brio, con i tempi e le battute più appropriate, con una delicatezza che ricorda molto "Colazione da Tiffany", e nel suo divenire da spietata cattiveria a dolcezza romantica. Non è un capolavoro, questa commedia, ma senza dubbio un ottimo prodotto nella media, che lascia contento lo spettatore di bocca buona e anche quello raffinato, sebbene il finale sia un po’ troppo pleonastico e consolatorio. La forza del film oltre che nella sceneggiatura e in una azzeccata fotografia è tutta nei due protagonisti: Karin Viard e Eric Caravaca. Lei sembra una Jane Birkin odierna, isterica e apparentemente col cuore di pietra, tipica donna d’affari odierna, che non trattiene le lacrime di fronte ai suoi sbagli. Lui, lo straordinario protagonista di Son Frerè di Patrice Cheroue, disegna con minuziosa bravura le sfaccettature e le paure di un personaggio complesso ma tutto sommato che si può solo amare.

(di Gabriele Marcello )

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