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recensione legami di sangue
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A distanza di pochi anni dall'intenso "La Terra" di Rubini, il cinema nostrano torna ad affrontare il tema della faida familiare; più specificamente descrive il mondo contadino del sud italia più arcaico, un microcosmo immerso in solidi ma intricati vincoli di affetti. "Legami di sangue" è un film rurale..riesce a profumare di terra ma a puzzare di sporco, proprio come le drammatiche relazioni tra i quattro fratelli vivono di un'ambiguità mai celata, di contraddizioni esasperanti. Peppe è ancorato alla sua proprietà, sente di meritarla più di Giovanni, colui che l'ha rinnegata e tradita in nome del denaro facile. Luana sembra persa nel suo mondo senza tempo fatto
letteralmente di casa e chiesa, incapace di decidere con chi stare..l'ago della bilancia finisce per esserlo Andrea, il fratello menomato, colui che non |
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sembra in grado di intendere e volere. Ed infatti è il destino ad autoimporsi, prescindendo dagli intenti dei miserabili protagonisti. Primo lavoro cinematografico di una regista teatrale, "Legami di sangue" è un'opera rigorosa, attenta ai dialoghi e alla recitazione. Si potrebbe parlare di ritorno al neorealismo
e addirittura di influssi verghiani.. in sintesi un film di sostanza. Toccante la prova di Andrea Dugoni nel ruolo |
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del fratello infermo, così come è prezioso il cameo di Arnoldo Foà. Il finale, ad effetto ed eccessivo, rischia di sconfinare nel grottesco..ma in fin dei conti ciò può far parte del gioco, poiché il film parla di vite sospese al limite del surreale. La colonna sonora accompagna senza invadere, rimanendo perfettamente aderente al tono e all'atmosfera del racconto. A non convincere un aspetto formale, che concerne direttamente il lessico cinematografico: i continui flashback sul passato dei protagonisti appaiono forzati e ridondante la voce over che li commenta; il loro utilizzo inoltre contraddice la linea portante del film, cioè il contatto con una realtà tangibile e soprattutto al "presente". Un esordio di buon livello.ma prima di accostarlo alla geniale e sorprendente opera prima "I pugni in tasca" (come qualcuno ha fatto), andiamoci piano.
(di Lucio De Candia)
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