LE MORTI DI IAN STONE
 
locandina le morti di ian stone

recensione: le morti di ian stone

 
Ian Stone continua a morire senza soluzione di continuità. Si risveglia in segmenti temporali diversi uniti da alcune facce familiari (l’angelico-bionda Christina Cole, star televisa londinese) e situazioni parallele che lo confondono. Non appena crede di aver afferrato una possibile soluzione ai propri incubi, rimane vittima di un altro sogno terrificante e la spirale ricomincia daccapo. Dirige Dario Piana (l’ultimo suo lungometraggio rintracciabile al cinema è “Sotto il vestito niente 2”) allestendo un fascinoso gioco di rimandi, che funziona a regime soddisfacente, nella prima convulsa e serrata mezz'ora. Le creature oscure e fluttuanti (sorta di Dissennatori ma più aggressivi, organizzati e gerarchizzati) scorribandano nella City a caccia di terrore, paura e agonia. Essi vivono tra le ignare persone normali, cannibaliz-  
 
zandole e nutrendosene. Forse Ian (interpretato dall’efficace Mike Vogel, visto in “Cloverfield”) è uno di loro o forse è un ribelle che sta minando la propria specie. Certo, è braccato come una preda senza poter riuscire a salvarsi. Strano miscuglio di stili “Le Morti di Ian Stone”: atmosfere cupe come le tipiche ghost stories di stampo british, eleganza nei dettagli e nella fotografia, rimandi e citazioni - le creature in   recensione le morti di ian stone
forma umana portano abiti di vernice e latex che ricordano lo stile di Matrix - nonché lo stesso Harry Potter poco prima già menzionato, relativamente all'immaginario più dark della saga sino ad arrivare anche a “Ghost” (esatto, quello con Patrick Swayze) in versione horror. La trama si perde ridonando nei meandri del grande-gesto-fatto-per-amore. Ed è qui che mostra la propria debolezza ripetendosi inutilmente e dando il fianco alla retorica. Sufficienza stiracchiata.



(di Daniela Losini )


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