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recensione le
ferie di licu
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Siamo di fronte ad
un ottimo esempio
di “cinema diretto”,
di documento culturale.
Il regista indipendente,
Vittorio Moroni, è
al suo secondo lungometraggio.
Moroni registra con
la mdp la vita “vera”
di Licu (Md Moazzem
Hossain Licu), emigrato
da sei anni in Italia
dal Bangladesh, con
uno sguardo disincantato
ma penetrante e nello
stesso tempo oggettivo.
Gli “osservati”
protagonisti sono
i soli ed unici soggetti
e svolgono la loro
vita in tutta naturalezza
e autonomia. Nessuna
voce off, così
da dare alla mdp la
funzione di vero e
proprio registratore
dei fatti, pura oggettività,
da garantire all’osservato
la massima spontaneità
possibile. “Le
ferie di Licu”
è uno spaccato
della vita di Licu,
giovane immigrato
del Bangladesh a Roma,
con regolare permesso
di soggiorno, sottoposto,
come molti dei suoi
conna- |
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zionali,
a situazioni
di sfruttamento
dai
datori
di lavoro.
Moroni,
attraverso
Licu,
osserva
comportamenti,
situazioni,
la vita
comunitaria
di un
gruppo
d’immigrati
cingalesi,
che
restano
ancorati
alle
certezze
della
loro
cultura,
pur
mediando
la diversità
dell’ambiente
che
li ospita.
Un giorno
Licu
riceve
una
lettera
dal
Bangladesh.
I suoi
genitori
gli
annunciano
che
hanno
scelto
per
lui
la ragazza
che
diventerà
sua
moglie.
La |
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notizia, non
solo rende
Licu felice,
ma coinvolge
nella nuova
situazione
tutta la comunità
cingalese
di Roma. Licu,
dopo aver
contrattato
con il datore
di lavoro
quattro settimane
di ferie,
parte per
il Bangladesh
per convolare
a nozze con
la, per lui
sconosciuta,
ragazza. Una
storia che
racconta,
con naturale
delicatezza,
diversità
culturali,
identità
“altre”
ospiti di
uno spazio
urbano ad
esse estraneo,
e che estranee
sono anche
per gli autoctoni.
Licu, fidando
nella forza
del gruppo
dei connazionali,
riesce a costruirsi
uno spazio
di vita rispettabile
nella metropoli
romana, dove
alla fine
conduce la
bella e giovanissima
Fancy (Fancy
Khanam). Ma
la giovane
moglie è
costretta
ad una vita
di segregazione
domestica
per l’amore
che l’unisce
al suo uomo,
che ha il
dovere di
essere attento
agli usi e
costumi della
sua terra
d’origine,
anche in terra
straniera.
Lo sguardo
di Fancy,
che osserva
dalla finestra
della sua
casa del Prenestino
le donne “libere”
che passano
lungo la via,
esprime nel
contempo nostalgia
per una libertà
persa e consapevolezza
che il suo
destino non
potrebbe mai
essere diverso.
La storia
scorre senza
fratture nella
narrazione,
nonostante
il mancato
supporto di
una sceneggiatura.
Questo film–documentario
alla fine
riesce a raggiungere
lo scopo che
il regista
si è
proposto:
media simboli,
segni culturali
che diventano,
con naturalezza,
significati.
E tali significati
diventano,
a seconda
del contesto
spaziale che
la mdp cattura,
estremamente
informativi,
comunicativi
e interpretativi.
“Le
ferie di Licu”
è stato
selezionato
al Concorso
Internazionale
“Hot
Docs Toronto
Film Festival
2007, importante
vetrina di
documentari
del Nord America
ottenendo
anche una
selezione
all’Alba
International
Film Festival
sezione “Cinema,
uno sguardo
nuovo”.
Non poco per
un film che,
per arrivare
nelle sale,
ha costretto
il regista
e la sua equipe
a ricorrere
al sistema
dell’auto-distribuzione
con la creazione
di un’associazione
culturale:
la “Myself”,
uscendo quindi
nelle sale
italiane con
sole sette
copie.
(recensione
di Rosalinda
Gaudiano
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