Antonio, sposata al marito solamente per denaro; Elena (Nancy Brilli), moglie gelosa, accecata dalle previsioni di un sedicente mago; Pignoli (Armando De Razza), chirurgo plastico, interessato solo a soldi e donne; Terenzi (Sebastiano Lo Monaco), proprietario della clinica in cui lavora Claudio, immischiato in un giro di tangenti. Gli unici a salvarsi sono i "borgatari": Marco Rossetti (Emanuele Bosi) e famiglia (Vincenzo Crocitti e Elisabetta De Vito), Gigi (Rodolfo Laganà), Laura. Il meccanismo borghese del
do ut des viene rivisitato nel mondo di coloro che vivono con 1200 euro al mese. Quest'ambiente viene visto dai Vanzina come puro, non corrotto, solidale: "io do una mano a te, tu a me", per citare "La società della fraternità" della commedia musicale
Accendiamo la lampada (Garinei e Giovannini). Tutte le storie raggiungono un happy-ending e ognuno dei protagonisti ritrova la dignità perduta.
Il soggiorno in carcere ha mostrato ad Antonio la vera realtà: sua moglie e sua figlia sono fuggite per la vergogna; l'unico che gli resta accanto è il cane da lui mai preso in considerazione (possiamo richiamare il rapporto di fedeltà, di amore disinteressato tra cane e padrone già visto in
Hachiko ). Antonio, pertanto decide di allontanarsi dalla città e ritornare a vivere in campagna, di cui vagheggia "le contadine di una volta". Ciò somiglia al finale, ma rovesciato, di
Totò, Peppino e la dolce vita : lì, il nonno faceva rientrare i nipoti in campagna ad accudire le pecore, mentre questi se la spassava nella Roma felliniana della dolce vita. Ma qui la campagna non è più terra arida, di desolazione e disperazione, bensì rappresenta la genuinità, la tradizione e i veri valori. Claudio, appiedato a causa della chiusura della clinica di Terenzi, parte per l'Africa e mette la sua opera di medico al servizio di chi ne ha bisogno. Non vogliamo scomodare il personaggio di Manfredi in
Riusciranno i nostri eroi... ma la contemplazione del tramonto africano rispetto a quello romano, fa pensare che nella nuova terra Claudio ed Elena possano finalmente sentirsi realizzati e felici. Chi rimane a Roma invece è Cesare. Inconsapevolmente convincerà Laura del suo amore, e con lei formerà una famiglia. Il "nuovo mondo" , loro, non devono cercarlo fuori: sta tutto dentro, ed è la loro unione a renderli appagati. Dopo le ultime farse, i Vanzina ritornano alla commedia brillante. E lo fanno in modo "meraviglioso", appunto: sia per l'ottimismo che tale pellicola emana (volutamente a metà strada tra Capra e King), sia per la bravura degli interpreti. Non c'è supponenza nei due autori, non desiderano impartire lezioni di sociologia, sebbene i personaggi e il mondo di cui parlano rappresentino al meglio la borghesia italiana. Conoscono il loro mestiere Carlo ed Enrico, e sanno come far ridere il pubblico: è questo il loro segreto. Tante le "invenzioni", su tutte la scansione della giornata, non più data dalle 24 ore ma dai programmi televisivi (non si lavora più dalle 8 alle 22, bensì da "Uno mattina" a "Porta a Porta"). Anche se ciò non è un elemento proprio nuovo: già Boldi in
Yuppies diceva che il portiere avrebbe tenuto aperto il portone fino al "TG flash". Ci sarebbe ancora molto altro da dire, ad esempio, la ricorrenza di alcuni nomi propri: Marco è sempre il borgataro o il "povero" (come Amendola in
Amarsi un po' , o Raoul Bova in
Piccolo grande amore ), Luca invece è il "signorino", il figlio di papà (come Calà in
Sapore di mare ), Federica è la signora bene (come Carol Alt in
Via Montenapoleone ). Insomma il nostro consiglio è di andare a vedere questo film. Il finale non sarà proprio realistico, ma fa
sognare. Perché dobbiamo privarci della gioia di poter ridere e sognare? In fin dei conti, questa pellicola consente di fare entrambe le cose.
(di Stefano Bucci)