LA VIE EN ROSE
 

recensione la vie en rose

 
Esistono storie e storie di vita di grandi personaggi della storia dell’umanità. Come esistono storie di vita di artisti che si possono considerare universali per la loro unicità di forza umana che sanno o hanno saputo trasmettere attraverso il loro talento artistico. Quella forza sublime che solo l’arte e l’artista contengono, e la cui interpretazione sempre e continuamente riesce a scuotere le coscienze, a parlare direttamente all’anima. C’era una volta una bambina, nata agli inizi del secolo scorso e secondo la leggenda partorita in un portone, costretta ad una vita misera e nella miseria. I suoi grandi occhi blu guardavano quella piccola parte di mondo della Belleville parigina, i vicoli malfamati, i marciapiedi dove, per soldi, esibiva le sue naturali doti canore. Le grandi voci non passano inosservate, a maggior ragione quando il canto cattu-  
 
ra l’attenzione dei passanti per strada. E così per Edith Gassion (Marion Cotillard), l’incontro per strada con Louis Leplèe (Gerard Depardieu), folgorato dalla sua voce, segna un momento di rottura con un passato squallido ed umiliante, per dare inizio pian piano alla trasformazione di Edith Gassion nel personaggio della “Môme”: Edith Piaf. La voce della Piaf presto arriva oltre oceano. Conquista l’America quella donnina fra-  
gile, piena di forza interiore, di amore, di passione. Con la sua voce rabbiosa, ma nel contempo emozionante e commovente, canta la vita, l’amore, la speranza. Canta Edith Piaf! Canta per il suo pubblico, per la gente che l’aspetta in platea con trepidazione, anche quando la vita non le risparmia dispiaceri terribili, non la risparmia dalla malattia, dall’insopportabile dolore fisico. Chi era veramente “la Môme”? Cosa sappiamo della Piaf persona, leggenda nazionale della Francia ma anche del mondo intero? Cosa ha permesso veramente a questa donna goffa, impacciata, di sopravvivere e alla fine uscire dalla povertà e dalla sofferenza dei sordidi quartieri del dopo guerra parigino, fino alla conquista di quel riconoscimento di un messaggio di arte vera, inebriante, sul palcoscenico internazionale? La risposta questa volta la dà il regista di questo film straordinario: Oliver Dahan. Senza riproporre storicamente la vita di una Parigi inizio secolo, Dahan costruisce i luoghi dell’epoca attraverso una propria sensibilità, riuscendo a catturare un proprio sguardo nella costruzione della narrazione. La riuscita dell’opera è sorprendente. Dahan entra in quel mondo parigino animato dalle strade incorniciate di Belleville, dai bordelli da cui fuoriesce l’acre odore di sudore umano. Con un’articolarsi nel montaggio di avvenimenti spazio-temporali della vita di Edith Piaf, Dahan coglie quel lato di vita dell’artista Piaf, sconosciuto al grande pubblico, dove momenti drammatici si alternano a momenti felici e di successo. Oliver Dahan costruisce così l’identità della grande artista, un’identità di gloria e successo, ma anche di vita comune, che ritrae una Piaf malandata, fragile, distrutta dalla malattia, che acquistava forza e vita nel momento in cui con il canto comunicava con il mondo. Senza dubbio, l’acutezza nella scelta di Oliver Dahan di aver saputo coordinare nella narrazione momenti chiave della vita dell’artista Piaf, ha dato al film la particolarità di un’opera compiuta nella sua interezza. Il film si veste, con classe, di tensione emozionale, e mette in scena con arte il destino paradossale di questa donna, la cui voce ha scosso e procura, nell’ascolto, sensazioni forti. Marion Cotillard, nella performance della Piaf è assolutamente sconvolgente. Interpreta la camminata, la mimica dei gesti dell’artista, come lei era solita, ossia in maniera quasi clownesca. L’interpretazione della Piaf conferisce a Marion Cotillard la capacità sublime di trascendere il personaggio, ed “essere” Edith Piaf. Questa è l’impressione che la Cotillard riesce a trasmettere, in un modo così convincente che non si può dire che non sia la Piaf, rivelandosi un’attrice di grande e ragguardevole talento. “La vie en rose” è un film magico, da cui traspare l’anima dell’artista Piaf, attraverso lo sguardo sensibile di Oliver Dahan, che, con questo ultimo lavoro, dimostra come si rende l’arte sul grande schermo. Di grande efficacia la colonna sonora, che ripropone con la voce della stessa Piaf, suoi brani intramontabili da Padam alla Vie en rose. Un film ricco di tensione ed emozione molto bel gestite nella narrazione, senza tuttavia cadere in un facile e scarno sentimentalismo.


(recensione di Rosalinda Gaudiano )


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