LA TERRAZZA SUL LAGO
 
locandina la terrazza su lago

recensione la terrazza su lago

 
Indagatore di ossessioni e devianze contemporanee umane e sociali che si ripercuotono vicendevolmente una sull’altra, Neil Labute era quello che si definiva un autore “interessante”. Portano la sua firma film come “Nella società degli uomini”, “Amici e vicini”, “Betty Love”. Poi un periodo di appannamento culminante nell’infausto “Il prescelto”, uno di quegli svarioni mica da ridere (Nicolas Cage vestito da orsetto è un’ onta ostica da cancellare). Con questo “La terrazza sul lago” sembra sia voluto tornare ai temi a lui più congeniali, e infatti bisogna rendergli atto che i risultati pur non essendo eccelsi non sono nemmeno da buttare. S.L. Jackson è un poliziotto di Los Angeles rigido, integerrimo e conservatore. Ha due bambini, una bella casa ma non riesce a digerire i nuovi vicini appena trasferitisi: giovane coppia  
 
mista – lui bianco lei nera – che non vive seguendo le ferree regole che governano il mondo perfetto sognato dal nostro agente. Tocca temi importanti Labute, dalle discriminazioni razziali viste però da un’ottica inversa e pertanto inusuale, all’ipocrisia di certe condotte conservatrici e bigotte tali non per un intimo senso morale ma in quanto incapaci di accettare chi sa vivere con più libertà e   recensione la terrazza su lago
disinvoltura, ottenendo solo invidia, intolleranza, frustrazione, meschinità, l’esatto contrario insomma del perbenismo con cui si travestono e che vanno professando. Purtroppo il film pare giungere un po’ fuori tempo, senza un’originalità e un mordente in grado di farlo differire e quindi giustificarlo rispetto ad altre pellicole analoghe del passato recente (ad esempio “Abuso di potere” o “Uno sconosciuto alla porta”). Labute riesce a tenere viva la tensione lungo una narrazione asciutta che fa del crescendo la sua cifra stilistica più efficace, grazie anche ad un S.L. Jackson misurato ma dallo sguardo demoniaco che non conosce remore nell’infierire sulla vita dei due giovani fidanzati che ben presto va a rotoli. L’occasione tuttavia di approfondire le contraddizioni di certi comportamenti umani, occasione potenzialmente nelle corde della pellicola e potenzialmente ricca di conseguenze, viene sperperata a favore di un racconto dallo sviluppo telecomandato che lo conduce là dove già si immagina, al solito finale da thriller rocambolesco che invece di sottile ed etico come lo avremmo voluto si butta in caciara con convenzionale inseguimento e rissa tra i due galli nel pollaio, dove la giustizia sì trionfa ma per un semplice caso contingente che lascia, come si dice, il tempo che trova. Vero capolavoro il titolo italiano, traduzione letterale dell’originale “Lakeview Terrace”. Peccato che Lakeview Terrace non sia altro che il nome di un quartiere di Los Angeles.




(di Mirko Nottoli )


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