LA TERRA DEGLI UOMINI ROSSI
 
locandina la terra degli uomini rossi

recensione birdwatchers

 
Presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, “La terra degli uomini rossi” è il terzo lungometraggio di Marco Bechis, regista di padre italiano e madre cilena, cresciuto a San Paolo e a Buenos Aires e legato inevitabilmente al Sudamerica e alle tematiche di quel continente. Dopo aver trattato nelle sue opere precedenti della dittatura argentina e delle tragiche conseguenze che da essa derivano, Bechis si sposta nel Brasile indigeno e analizza un altro aspetto controverso: il rapporto tra fazendeiro e indio (in particolare un gruppo di Guarani – Kaiowa) e la condizione di pressoché totale schiavitù nella quale quest’ultimi si trovano, pur all’interno delle loro terre. Costretti alla fame e pagati con somme irrisorie in rapporto al lavoro svolto nelle piantagioni di canna da zucchero, moltissimi giovani decidono volontaria-  
 
mente di togliersi la vita, nella speranza di un’esistenza migliore nell’aldilà. Ed è proprio l’ennesimo suicidio a scatenare la ribellione dei Guarani Kaiowa che, guidati dal leader Nadio e da uno sciamano, si accampano ai confini di una proprietà per reclamare la restituzione delle terre. Questo fatto comporta immediatamente una situazione di tensione tra le parti in conflitto, alla quale si accompagna una certa   recensione la terra degli uomini rossi
curiosità che si esplicita in particolare nel rapporto tra Osvaldo, un giovane apprendista sciamano, e Maria, la figlia di un fazendeiro. Ed è proprio la contrapposizione tra i due gruppi l’aspetto più interessante del film di Bechis che, attraverso il minimalismo e lavorando di sottrazione, restituisce un’opera intrigante sotto diversi punti di vista, nonostante un’eccessiva lentezza in alcuni momenti, che rende la visione in parte faticosa. La scelta del tema è sicuramente azzeccata e non sorprende che la pellicola sia stata riconosciuta di interesse culturale nazionale. Parimenti meritevole è l’idea di porre al centro della vicenda gli indio (interpretati da non professionisti), non più relegati in secondo piano come in altri lavori (ad esempio “Mission” e “Fitzcarraldo”). Ottime anche le riprese dei paesaggi naturali che, in un film poco parlato, assumono una valenza indubbiamente rilevante e si accordano alla perfezione alla tematica scelta. Dignitose le interpretazioni sia dei Guarani Kaiowa che dei “nostri” Claudio Santamaria (nella parte di un rozzo spaventapasseri) e Chiara Caselli (la moglie del fazendeiro). Insomma, “La terra degli uomini rossi” è il classico prodotto da festival, con tutti i pregi e i difetti che ne derivano. Confezionato impeccabilmente e diretto con maestria, il film di Bechis è senz’altro una conferma della capacità italiana di sfornare opere meritevoli. E forse un ritmo un po’ meno compassato avrebbe potuto rendere la visione ancora più coinvolgente.



(di Sergio Grega )


- Scrivi la tua recensione del film "la terra degli uomini rossi"!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2008. Tutti i diritti sono riservati.