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la spina del diavolo
recensione
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Cos’è
un fantasma? Con questa
domanda inizia “La
spina del diavolo”
mentre le immagini
della trascinante
scena di apertura,
scorrono. Siamo negli
anni trenta in Catalogna,
casali arsi nel caldo
rovente e l’orizzonte
infestato dalla guerra.
Un orfanotrofio, edificio
depositario di segreti
e anormali sospiri
(ah questi mormorii
nel buio: hanno stufato
pure i più
pazienti) accoglie
Carlos, nuovo arrivato.
Si becca dai compagni
diffidenza e dispetti
ma la paura della
presenza del “sospiroso”
(leggi l’ennesimo
fratello di Samara
e diciamolo, una buona
volta: è una
vera progenie!) li
unisce. Gestiscono
la baracca, un’istitutrice
con gamba posticcia
e un dottore un po’
squinternato, provando
a governare gli strani
accadimenti che popolano
la vita della comunità.
L’ennesima tragedia
evitata, una bomba
si è conficcata
al |
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centro
della
corte
rimanendo
inesplosa,
ne annuncia
altre.
Il giovin
garzone
(Eduardo
Noriega,
il latino
Colin
Farrell),
si occupa
anche
del
piacere
erotico
della
direttrice
ma,
avidissimo,
mira
all’oro
custodito
nella
cassaforte
e che
sovvenziona
la ribellione,
innescando
un meccanismo
ben
più
distruttivo.
Classico
nel
tono,
pretenzioso
nelle
intenzioni,
il gigante
rivela
subito
le proprie
debolezze.
Si perde
nei
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molteplici
labirinti
narrativi,
rincorrendo
affannato
compattezza
e originalità.
Il titolo
rimanda (“La
spina del
diavolo”
è una
suggestiva
definizione
della spina
bifida, malformazione
che lascia
la spina dorsale
senza lo scudo
della pelle)
alla fragilità
del nostro
piano materiale.
Di qui il
parallelo
con la fanciullezza
da tenere
al riparo
delle meschinità
adulte e ampliando,
l’innocenza
di una nazione
dilaniata
dalla guerra
civile. I
piani reale/irreale
si respingono
anziché
amalgamarsi,
appesantendo
il cammino
verso la faticosa
conclusione.
Permane la
sensazione
netta che
le scene siano
slegate tra
loro senza
un vero filo
conduttore.
Occasione
mancata, questo
pasticciaccio
del regista
che volle
farsi tarantinato
ma rimase
imbrigliato
nelle troppe
trame. Non
tutti possiedono
l’ago
adatto per
imbastire
riusciti arazzi
barocchi.
(di Daniela
Losini )
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recensione del
film "La
spina del diavolo"! |
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