LA SOTTILE LINEA DELLA VERITA'
 

recensione

 
Ispirato a un episodio realmente accaduto nel 1997 a Cuba, al culmine di una serie di attentati che dovevano scoraggiare l'unica fonte di sostentamento significativa dell'Isola ovvero il turismo, in memoria del giovane commerciante Fabio di Celmo che vi perse la vita. Pagato pegno alla vicenda di dolore e di travagliato recupero della verità da parte della famiglia e all'indiscutibile impegno civile profuso dal regista Angelo Rizzo (ha effettuato personalmente ricerche e studi coi propri collaboratori per raccontarne la storia) ci occuperemo della disanima cinematografica. Girato in stile elementare e didascalico al pari di un compito di fine anno alla scuola di regia televisiva, mostra debolezze da fiction: i dialoghi sono scolpiti con l'accetta (esempio: il padre del ragazzo rivede la fidanzata del figlio e le chiede  
 
come si chiama dopo averla frequentata più volte?), la presa diretta del sonoro è mischiata al doppiaggio degli attori stranieri in modo evidente e fastidioso, per non citare i continui fuori fuoco e le scene d’azione plateali. Rimanendo in tema, evidenziamo che il pathos insito per natura in una storia del genere, finisce annegato in personaggi che sono macchiette al servizio dell'incuria. A cominciare dal presidente degli Stati Uniti che pare uscito da un fumetto di quarto ordine e declama le battute ringhiando, come il terreno sui cui nascono tutti gli intrecci CIA, FBI e organizzazioni varie (realmente implicate) che emergono come il solito ritrito complotto connivente coi grandi poteri. Questa volta ordito ai danni del Leader
Maximo (che appare come special guest) ma com’è che da un momento all’altro ti aspetti che salti fuori anche Tano Cariddi. Rinnovando il nostro rispetto alla famiglia che ha subito la perdita, facciamo che si cali il sipario sullo schermo d'argento.

(recensione di Daniela Losini )


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