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Negli ultimi anni il panorama comico italiano è semplicemente un campo minato, c'è poco da dire. Sorrisi strappati da ondate di mediocrità e poche, pochissime perle che puntualmente sono dimenticate, un po' perché cupe e ironicamente amare, un po' perché disarmate di fronte al ciclico boom dei tormentoni natalizi (che tanto piacciono agli italiani). Proprio in Babbo Natale e nel suo sacco il pubblico aveva sperato, quando, in questo freddo inverno, usciva nelle sale "Il cosmo sul comò" di Marcello Cesena (con Aldo, Giovani e Giacomo). Commedia deludente e speranza vana: già nel 2004 il trio calò clamorosamente, continuando con l'ultimo film a scivolare lungo la china. Ora, il paragone non calzerà a pennello e sarà sicuramente forzato, ma indubbiamente sono pochi gli attori che riescono a portare la |
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propria comicità teatrale sul grande schermo, senza ridondare negli sketch e nelle caratterizzazioni dei propri personaggi. Ma se da una parte il trio che debuttò nel 1997 sembra aver raggiunto l'apice ed essersi arenato, dall'altra abbiamo un duo formidabile, reduce dalla messe ricchissima del 2006 - "Il 7 e l'8" e gli incassi a sei zeri - capace di confermare le proprie capacità artistiche in quest'ultimo film: |
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"La Matassa". La regia è affidata, come consuetudine, a Ficarra&Picone - e l'infaticabile Giambattista Avellino, già regista del penultimo film - la storia è ambientata di nuovo in Sicilia, questa volta a Catania, e trasporta sul grande schermo una vicenda da commedia dell'arte: una lite tra fratelli, una faida familiare che sopravvive al tempo e macchia la successiva generazione, quella dei due cugini protagonisti, giocoforza costretti a vivere insieme e risolvere i problemi loro e dei propri padri (defunti). Fin qui niente di nuovo. Allora cos'è che incolla lo spettatore alla poltrona, lo esalta dal ridere e lo commuove, accarezzandogli via dalle labbra più di una risata? In primo luogo la coralità: "La Matassa", questo groviglio di litigi e incomprensioni che s'ingarbuglia col tempo, non è solo la storia di Gaetano (Salvo Ficarra) e Paolo (Valentino Picone). Come già sperimentato nella loro precedente pellicola, l'attenzione, soprattutto comica, non gravita esclusivamente intorno alle forti personalità dei due comici, ma è equamente distribuita in un gioco sapiente di contrappesi che arricchisce la scena distogliendo dal fuoco principale: non è un caso che una fetta sostanziosa di risate sia stimolata dall'improbabile cameo di mafiosi che bracca i due cugini. Il risultato, lungi dall'essere amaro nonostante i luoghi e i temi toccati, è leggero è frizzante. Come disse qualcuno: ".sono originali, ironici puntuali. Ficarra&Picone hanno una comicità premeditata, e nella peggiore delle ipotesi preterintenzionale." Il che, tradotto in soldoni, sta a significare un sapiente uso di cabarettistici scambi di battute - a cui il pubblico televisivo è più abituato - e un'interpretazione comica che deve molto ai tempi e ai modi teatrali. Soprattutto, il film non è mai volgare, e anzi ci si stupisce di come la sessualità sia simpaticamente protagonista delle frodi di Gaetano, ma
assolutamente sottintesa. Il palato si affina, l'occhio si disabitua a oscene rotondità ed equivoci grotteschi.
(di Marco Trani)
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