LA GUERRA DEI FIORI ROSSI
 

la guerra dei fiori rossi recensione

 
Siamo di fronte ad un delizioso film del regista cinese Zhang Yuan, che con questo suo ultimo lungometraggio ”La Guerra dei fiori rossi” ha vinto il “ Prize af the Guild of German Art Cinemas” al 56mo festival di Berlino 2006, ed il premio Albacinema per la miglior regia alla quinta edizione dell’Alba international film festival 2006. Inoltre, il film è stato molto apprezzato alla 63ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, tanto da meritarsi il premio “Robert Bresson”. Siamo a Pechino, nel periodo che segue la rivoluzione, all’inizio degli anni ’50. Il piccolo Qiang (Dong Bowen), è un delizioso bambino di quattro anni, che i genitori, oppressi dal lavoro, decidono di relegare in un asilo a tempo pieno. L’impatto è molto doloroso. Qiang non accetta la nuova situazione né la disciplina imposta dalla severa maestra Li (Zhao Rui) e dalla sua  
 
assistente, signorina Tang (Li Xiaofeng), e neanche riesce a legare con i nuovi compagni. Qiang manifesta immediatamente la sua natura ribelle, volitiva e decisa, che traspare da una faccetta simpatica, con due grandi occhioni neri ed un sorriso furbetto e malizioso. La vita dell’asilo urbano di Pechino deve, invece, a tutti i costi essere inquadrata in una ferrea disciplina, pianificata in ogni minimo dettaglio. Come in o-  
gni istituzione pedagogica che si rispetti, il sistema dei premi e punizioni è lo strumento di controllo adottato dalle educatrici. Così nell’asilo di Pechino, ai bambini che rispettano certi rituali quotidiani come: vestirsi e svestirsi da soli intonando la melodia di una solita canzoncina, fare i bisogni fisiologici puntualmente ogni mattina, osservare con rigore le regole dell’igiene corporale, e comportarsi bene, verrà dato loro dalla maestra un fiore rosso, che lei stessa attaccherà sul grande cartellone della classe, in cui compaiono i nomi di tutti i bambini, con i loro premi e punizioni. Qiang a questo gioco di squadra non ci sta! Molto presto riesce a coalizzare contro le maestre gran parte della classe. Le due sorelline Nanyan (Ning Yuanyuan, figlia del regista, e Beyian (Chen Manyuan), lo aiutano a vestirsi e svestirsi, e diventano sue assidue compagne di giochi. La vita dei bambini si svolge tra le mura del complesso dell’asilo. Ma Qiang evade da quel luogo, soprattutto di notte, e sogna di oltrepassare la porta dell’uscita e godere di fare pipì, in libertà, nella neve soffice e bianca che calpesta con i suoi piedini nudi. Le escursioni notturne di Qiang fanno parte del suo mondo onirico, ma il letto bagnato che la maestra trova al mattino al risveglio è una realtà. Niente fiori rossi per Qiang, niente premi, solo continue punizioni. Ma Qiang non si sottomette. Un giorno con una delle sorelline Nanyan, esce dall’istituto e si ritrova nel parco bellissimo di un ospedale. Qiang desidera la libertà. Decide di demolire la figura della maestra Li. Convince i suoi compagni che la maestra è in realtà un mostro, un mostro che mangia i bambini. Di notte, Qiang organizza una sommossa, e con una corda fortuita, ricavata da tanti lacci di scarpe messi insieme, decidono di legare per sempre la povera maestra Li. Per Qiang ulteriori severissime punizioni e allontanamento dalla vita sociale. Ma, una volta reinserito nella classe, Qiang sceglierà la libertà. Fugge dall’asilo, e si adagia esausto su una grande pietra, per dormire, lontano da imposizioni e coercizioni. “La guerra dei fiori rossi” è un film delicato e sorprendente. Zhang Yuan, come sempre, guarda al mondo delle relazioni umane. In questo film, con naturale bravura calca la mano sui due punti di vista dei soggetti coinvolti nel sistema educativo: l’insegnante e l’allievo. E come può accadere che in un gruppo di compagni di classe vi sia un elemento dotato di acume e vispa criticità verso forme educative coercitive e severe, come il piccolo Qiang, alla stessa maniera questo può succedere in ogni sistema, soprattutto quello sociale.

(recensione di Rosalinda Gaudiano )

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