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C'era da aspettarselo che l'unica opera prima italiana nelle selezione ufficiale dell'ultima Mostra del Cinema di Venezia fosse un film riuscito. "La doppia ora" di Giuseppe Capotondi, regista che viene dal mondo della pubblicità e dei video musicali, è effettivamente un buon esordio. Si tratta di un thriller, che attinge però anche dai generi del horror psicologico e del noir. Sonia (Ksenia Rappoport) è italo-slovena e lavora come cameriera ai piani in un albergo di Torino. Guido (Filippo Timi) è un ex poliziotto che fa il custode in una villa di campagna e che, per alleviare la sua solitudine, spesso incontra donne agli speed date. I due si incontrano, si confrontano e si innamorano finché non succede qualcosa di terribile: Guido viene ucciso durante una rapina alla villa che custodisce, proprio il giorno in cui la sta facendo visitare a Sonia. Ma quella |
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era davvero una rapina o Sonia c'entra qualcosa con la morte di Guido? Perché lei è costantemente ossessionata da incubi e vede il fantasma di Guido ovunque? Perché ogni evento anomalo avviene in una doppia ora (14:14, 09:09, 12:12)? Il meccanismo di rivelazioni e di suspense terrà la tensione alta fino alla fine, mettendo in crisi gli assunti di base in un gioco di capovolgimenti il più delle volte |
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efficace. Ora la domanda che si potrebbe porsi è quante volte capita di vedere un thriller italiano girato bene; e non è una domanda sciocca vista e considerata la tradizionale penuria di film di genere nel panorama italiano. La risposta che viene da dare è appunto: "molto raramente!". Tanto più è difficile vedere un thriller dotato anche di un gusto per le immagini notevole e di performance attoriali da applausi a scena aperta (basta pensare che la Rappoport ha persino vinto la Coppa Volpi come migliore attrice con questa interpretazione). Ecco perché val la pena di andare al cinema a vedere "La doppia ora". Perché è l'esempio che anche i nostri registi hanno la possibilità di fare cinema della tensione e allo stesso tempo di mostrare un amore vero, di due persone che, con le loro fragilità e le loro insicurezza, si proteggono a vicenda da un mondo ostile dove la gente si suicida e si tradisce. Il film di Capotondi è però anche un racconto in cui disonestà e sincerità perdono i loro confini precisi, così come offuscata è la linea di demarcazione tra realtà e allucinazione. "La doppia ora" mantiene quello che promette, cioè tensione e colpi di scena. In più ci regala qualcosa che non ci attendevamo: qualche barlume di autenticità che talvolta è assente anche nei film d'autore più blasonati.
(di Marco Santello)
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