|
|
|
|
recensione la città invisibile
|
|
C'era una volta una città che adesso non c'è più. Comincia con l'incipit di una fiaba l'opera prima di Giuseppe Tandoi, classe 1982 e aquilano d'adozione. In realtà i drammatici fatti di cronaca della notte maledetta dell'aprile 2009, in cui una prima scossa di magnitudo 6.3 cominciò a far tremare l'Abruzzo per poi distruggerne violentemente le risorse e gli abitanti hanno ben altro sapore che quello fiabesco e il desiderato vissero felici e contenti sembra un traguardo ancora lontano. Tra le macerie però spunta anche una speranza mai sotterrata e la voglia di vivere ancora; continuando a scavare poi si scopre un poster dei Red Hot Chili Peppers, la gigantografia di Mick Jagger, barili di birra per riaprire il pub, fare feste e finire a torte in faccia. Tra la polvere, ancora, si può trovare la paura per l'esame di anatomia patologica dell'Università che |
|
|
|
ha riaperto e l'assennata follia di Nonno Carmine che come il barone rampante ha deciso di vivere su di un albero e non scendere più. Senza le pretese di un film documentario "La Città Invisibile" racconta con equilibrata leggerezza L'Aquila post terremoto servendosi di uno sguardo giovanile, divertente, azzeccato. Nelle tendopoli ci sono gli universitari incerti sul futuro, con le loro cotte, le fughe notturne
per i tuffi |
|
|
|
clandestini nella piscina intatta di una villa vicino, i loro fastidi per dover sottostare alle leggi dei genitori più oppressivi che scelgono al posto loro cosa studiare e chi frequentare. Paure e sogni non sotterrati come tutto il resto, ma rafforzati come una nuova vita che sorge dalle ceneri di una città annientata. I personaggi, alcuni dei quali ispirati a persone reali con cui il cast ha avuto a che fare, lo esprimono in modo molto chiaro e conquistano il pubblico rallegrandolo. Luca resta nella tendopoli per avere la scusa giusta e tentare di nascosto dal padre di fare la rock star, Lucilla dirige il coro della messa mentre i decibel della sala prove dei D-Line della tenda accanto irritano i suoi Aleluja; Remo, batterista scalmanato, vive imitando John Belushi e il sacerdote Don Juan decide di intrufolarsi mascherato da Lupin nella zona rossa di notte per riprendersi la sua campana. Un film trascinante che all'ironia affianca alcuni spaccati di vita che ci sarebbero comunque, alcuni socialmente vergognosi come l'intolleranza razziale e la difficoltà di vivere con persone di nazionalità ed estrazione sociale diversa, anche si tratta dell'extracomunitario che ti ha salvato la vita. Difficoltà forse un po' più evidenti del normale per la convivenza forzata con chiunque e senza niente. La città ha bisogno di sostegno concreto, questo è certo, che la realtà dei fatti sia documentata, ma l'amore e la solidarietà emergono continuamente e l'entusiasmo e il messaggio di speranza possono dare un contributo piccolo ma fondamentale; se uno stimolo in più per ricominciare può essere divulgato anche attraverso un bel film, ben venga. Due piccoli appunti: il progetto ha fatto assolutamente bene al fenomeno Leon, da Amico di Maria De Filippi a straordinario attore, incredibilmente coinvolgente. L'opera di bene decisamente più sostanziosa, invece, riguarda il ricavato degli incassi, in parte devoluto al restauro della Chiesa S.Maria degli Angeli a L'Aquila andata distrutta.
(di Andrea Dispenza )
|
-
Scrivi la tua
recensione del
film "la città invisibile"! |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2008.
Tutti i diritti sono riservati.
|
|
|