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LA
CENA PER FARLI CONOSCERE |
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Pupi Avati lascia
la sua città,
Bologna, per farsi
cittadino del mondo
e il cambio non gli
giova per niente.
Roma, Parigi, Madrid,
tre capitali europee
per tre donne, Violante
Placido, Vanessa Incontrada,
Ines Sastre. A unirle,
Diego Abatantuono,
il padre, che le ha
avute però
con tre madri diverse.
Lui, attore in declino
ridotto alle soap
opera (non manca qualche
riferimento autobiografico),
inscena un suicidio
per tornare in auge.
Loro non lo amano,
ognuna vive la propria
vita disperata autonomamente:
una è sposata
e succube di un sessuomane
(Fabio Ferrari, al
secolo Chicco Lazzaretti
de “I ragazzi
della terza C”
invecchiato di 300
anni), una ha un marito
traumatizzato che
beve, una ha problemi
di salute. Si riuniscono,
si parlano (poco),
si conoscono un po’
di più. L’avvento
di Francesca Neri
durante la fatidica
“cena |
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per
farli
conoscere”
ubriaca
fradicia
(chi
è
costei?
Da dove
arriva?
Perché?
Boh!),
una
passeggiata
risolutrice
nel
cuore
della
notte,
la quiete
dopo
le tempeste.
Nel
mezzo:
sproloqui,
lacrime
facili,
senso
di tragedia
montante
grazie
a sfighe
che
fioccano
a ripetizione.
In sala
si assiste
attoniti
e indifferenti
anche
di fronte
al dramma
più
drammatico,
con
l’occhio
che
sbircia
con
troppa
frequenza
le lancette
dell’orologio.
“La
cena
per
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farli conoscere”
dura il giusto
ed è
uno dei pochi
pregi. Sorprende
perché
bisogna riconoscere
che è
da qualche
anno che Pupi
Avati sta
vivendo un
periodo particolarmente
ispirato,
durante il
quale ha saputo
più
volte coniugare
profondità
di temi e
leggerezza
di tocco con
la nostalgia
che gli è
consueta (ricordiamo,
tra le ultime
opere, "La
seconda notte
di nozze",
"Ma quando
arrivano le
ragazze",
"Il cuore
altrove").
Qui al contrario
manca l’ispirazione,
mancano le
idee per tenere
in piedi una
sceneggiatura,
manca il film,
a ben vedere.
Non può
niente nemmeno
Diego Abatantuono,
di solito
capace anche
da solo di
reggere sulle
spalle il
peso di una
pellicola
(pensiamo
a cosa sarebbe
un film come
“Mediterraneo”
senza Abatantuono),
anch’egli
sottotono,
appannato,
privo della
tipica verve.
Tra un pianto
e una riconciliazione
Avati trova
anche il tempo
di lanciare
qualche frecciata
al mondo del
cinema e della
televisione
rievocando
i bei tempi
andati (Germi,
Monicelli,
Risi), ma
la forza,
insieme alla
convinzione,
è talmente
poca che cade
ancor prima
di aver raggiunto
il bersaglio.
“Non
esistono più
i grandi registi”
dice ad un
certo punto
uno dei personaggi
nel film.
Affermazione
pericolosa,
soprattutto
per un regista:
si rischia
di dirla e
nello stesso
tempo di dimostrarla.
(recensione
di Mirko
Nottoli
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cena per farli
conoscere"! |
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