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la casa del diavolo
- recensione
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Frequentata la Parson
School of Design di
New York per le Belle
Arti, Rob Zombie è
stato design artist
di riviste porno e
poi assistente di
produzione sul set.
Spaziando in diversi
campi d’interesse,
il regista è
anche leader della
band musicale “white
zombie” per
la quale cura pure
l’immagine (marketing,
grafica degli album,
struttura dei palchi
nei concerti), gira
video musicali (ha
ottenuto un MTV Award),
partecipa a colonne
sonore (tra cui quella
di “matrix”),
e data la passione
per l’horror
ha creato l’antologia
di fumetti “Rob
Zombie’s Spookshow
International”
e fondato la casa
di produzione cinematografica
“Creep Entertainment”.
Il film “la
casa dei 1000 corpi”,
sua opera prima, è
stato salutato favorevolmente
dalla critica. “La
casa del diavolo”
(sempre scritto e
diretto da Zombie)
ne rappresenta la
continuazio- |
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ne,
e seppure
la traduzione
italiana
ammicca
all’orrore,
“the
devil’s
reject”
è
piuttosto
un thriller
d’azione,
sanguinolento
e intriso
di pellicole
di riferimento.
Dotato
di tecnica
e talento
visivo
fino
al compiacimento,
il cineasta
mette
in piedi
un baraccone
guidato
da un
folle
clown,
crudele
satanista,
e da
un poliziotto
sadico,
invasato
cattolico.
Dentro,
una
famiglia
di assassini
gratuiti,
psicopatici
freaks
in fuga
dagli
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uomini in
divisa di
un autoinvestito
cacciatore
del Male.
Ma il Bene
– e
la simpatia
– non
stanno da
nessuna delle
due parti.
Violenza per
il gusto della
violenza,
anche se su
tutto aleggia
il divertimento
riservato
agli appassionati
dell’estremo
ludico. E
nonostante
l’autore
si sforzi
di far apparire
i parenti
dal grilletto
facile come
ribelli, paladini
della diversità
e quasi romantici,
alla fine
il rischio
è di
parteggiare
per lo sceriffo
torturatore.
(di Federico
Raponi)
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