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recensione la bocca del lupo
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La forza maggiore de "La Bocca del Lupo", opera vincitrice dell'ultima edizione del Torino Film Festival, risiede nell'autenticità e profondità dei personaggi, nella poesia e nella fragilità delle loro vite, trascorse all'ombra di un destino insidioso e imprevedibile. Enzo è un uomo burbero, dal fisico imponente, capace di intimorire solo con lo sguardo, ma in fondo sensibile e dalla grande umanità. Tornato a Genova dopo tanti anni di prigione è atteso dall'amore di una vita, Mary, conosciuta proprio in carcere quando dalla cella riservata ai transessuali lo aveva raggiunto per cucire i suoi pantaloni in cambio di una piccola dose di sigarette. Il desiderio di pace, tranquillità, riparo, pervade tutto il racconto e l'unica ancora di salvezza appare per i due l'esistenza e l'appoggio dell'altro, in un mondo ostile e incomprensibile e in un tempo eterna- |
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mente scandito dalle onde del mare. Il sogno comune di poter vivere di poco, ma sereni, in campagna, ricorda le speranze dell'Italia degli umili del neorealismo e ci mostra come ancora oggi le vite di molti esseri perduti per via della sorte siano legate ad una realtà di miseria e isolamento che non trova spazio nelle fiction o nelle pellicole per il grande schermo. Marcello affronta la dura tematica con coraggio e senza |
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fini morali, ricorrendo ad uno stile minimalista ed evocativo che riesce a dare spazio alla sostanza di una storia commovente, che rimane dentro. Il ricorso ad un intelligente montaggio parallelo ripropone un ritorno all'extradiegetico in un'operazione lodevole e originale se inserita nel contesto stereotipato del cinema d'attualità, fatte salve le dovute eccezioni. Unica riserva: con una fotografia più accurata si sarebbe potuto raggiungere un maggiore rigore formale ed un impatto visivo ancora più efficace.
(di Lucio De Candia)
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