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recensione la bella società
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Gian Paolo Cugno firma la regia di questo film dagli intenti ambiziosi ma alquanto deludente nella sua realizzazione. "La bella società" è la storia di due fratelli siciliani e della loro vita, dalla loro infanzia in mezzo ai campi assolati di una Sicilia rurale fino all'età adulta e alla presa di consapevolezza delle difficoltà della vita reale. Attorno a loro si muovono tanti altri protagonisti, dalla madre (una procace Maria Grazia Cucinotta e poco più.) all'amante di questa (un bravo e convincente Raoul Bova) all'inizio degli anni sessanta; poi ci sono gli amici coetanei (Enrico Lo Verso e Anna Safroncik), i compaesani, le nuove conoscenze, il padre mai tornato a casa, la figura paterna del farmacista (un Giannini un po' spaesato e impacciato) e tanti altri personaggi minori, per una storia che parte dal cuore della Sicilia e arriva fino alla |
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Torino industriale e proletaria, dove le vicende si intrecciano con i fatti noti della cronaca italiana (la Fiat, i problemi degli operai, il terrorismo brigatista, la protesta universitaria, ecc.). Sembra quasi di raccontare una nuova "Meglio gioventù", che si sviluppa lungo trent'anni del nostro recente passato, fino agli anni ottanta, intrecciando così pubblico e privato, dimensione nazionale e vicissitudini private; ma è il taglio |
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dato alla storia a risultare assolutamente malriuscito e la stessa regia pecca talvolta in superficialità e leggerezza, specialmente quando si vogliono affrontare tematiche così rilevanti: anche gli attori, tutti conosciuti e affermati, risentono di questa precarietà nella costruzione filmica, e lo stesso montaggio risulta banale, se non irritante, nella facilità e nel tono sbrigativo con cui si passa da una scena all'altra oppure nei ripetuti flashback, la cui funzione si mostra del tutto snaturata e decisamente scontata. Il soggetto, in sé per sé, non è male ma andava trattato con tutt'altra profondità di vedute e di ricostruzione scenografiche: in fondo, ripercorrere tratti salienti della storia italiana del secondo novecento dal punto di vista di due giovani siciliani poteva essere una buona idea, anche perché certe vicende sono ancora fortemente vive nel nostro immaginario e nella nostra coscienza civile, rievocando sensazioni e problematiche che ci hanno visto partecipi e che non possono dirsi ormai lontane e del tutto distanti da noi. Ma quanto sono lontane, invece, le suggestioni della pellicola di Marco Tullio Giordana da questa "bella società" siciliana, che ci fa sorridere, ci può anche far non annoiare (alla fine il film è abbastanza scorrevole) ma che ci lascia alla fine, uscendo dalla sala, una malinconica riflessione conclusiva: peccato, però.
(di Michele Canalini)
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