L'UOMO CHE AMA
 
locandina l'uomo che ama

recensione l'uomo che ama

 
Tra i film in concorso nella terza edizione del FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA, “L’uomo che ama”, secondo lungometraggio di Maria Sole Tognazzi, apre le fila degli italiani presenti alla rassegna. Divisa in due blocchi narrativi tagliati (quasi) con l’accetta, la pellicola racconta gli amori, e le relative conseguenze-sofferenze di Roberto (Pierfrancesco Favino), prima con Alba (Monica Bellucci) e poi con Sara (Ksenia Rappoport). Le storie d’amore in fondo si somigliano un po’ tutte, sembra volerci dire la regista, e se si è carnefici, si può anche diventare vittime. Così nel gioco delle parti che è la Vita, non esistono verità assolute, tantomeno per quanto riguarda quel sentimento così complesso e da sempre approfondito, analizzato, sviscerato che è l’amore. Ma la volontà di raccontare com’è questo ‘uomo che ama’ non  
 
basta a far decollare il film, che alla resa dei conti si rivela mediocre e per niente incisivo. Colpa della struttura, innanzitutto: troppo netta questa scissione – non un flashback, non un rimando, nulla – che non armonizza il tutto, e anzi fa apparire ancora più inconcludente la trama vera e propria; troppo secchi i tagli e gli stacchi da una scena all’altra, tali da dare la sensazione che si siano persi qualcosa in fase   recensione l'uomo che ama
di montaggio. Colpa della trama, poi. O, meglio, dell’intonazione eccessivamente drammatica che le si è voluta dare: non siamo di fronte a una commedia, questo è certo, ma quell’insistere – a tratti davvero esagerato – sui volti sofferenti dei protagonisti, più che regalare sfumature finisce col falsificare e svilire le emozioni e situazioni che si cerca di raccontare. Peccato, viene da dire, perché la pellicola ha dalla sua un cast di tutto rispetto, a cominciare da Favino e passando per tutta una serie di comprimari, che insieme a lui si rendono protagonisti dei momenti migliori dell’intero film: dalla spagnola Marisa Paredes (“Tutto su mia madre” e “Parla con lei” solo per citarne alcuni), brillante e cinica dottoressa con cui lavora il protagonista, ai genitori interpretati da Piera degli Esposti e Arnaldo Ninchi, che con i loro battibecchi d’amore seguono da lontano le vicende dei figli. Tirando le somme, a “L’uomo che ama” manca una cosa importante e fondamentale: la spontaneità, che emerge purtroppo solo a tratti (quei ‘momenti migliori’ di cui si parlava prima), sepolta spesso sotto primi piani insistiti e insistenti che, invece di coinvolgere lo spettatore, lo lasciano ai margini. Un’altra occasione mancata.



(di Giulia Mazza )


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