L'ULTIMO INQUISITORE
 

recensione l'ultimo inquisitore

 
Quando gli atomi erano fuorilegge (scienza?? quale eresia!) nel periodo della più oscura inquisizione spagnola ormai in decadenza, Goya (Stellan Skarsgard) dipingeva ritratti su commissione e affrescava il proprio contesto storico con l'occhio del reporter, godendo del beneplacito tollerante del Santo Uffizio e delle sale del potere reale. In stile romanzato all'ennesima potenza - scelta che appiattisce ogni emozione - Milos Forman ritorna dietro la macchina da presa per inscenare l'epopea di Don Lorenzo (Javier Bardem esemplare nel rendere le sfumature dell'ambiguità, pessimo quando instilla nello spettatore il dubbio della maniera recitativa) ominicchio di Chiesa e poi, alla bisogna, rivoluzionario accanito e di Inés (Natalie Portman in versione doppio ruolo, vibrante e intensa come sempre)  
 
sfortunata ragazza borghese che finisce nelle orrende carceri dei bravi uomini di fede. Accusata di giudaismo per non aver mangiato della carne di maiale, invischierà la propria innocenza con la lascivia del desiderio in toga. Lei appassirà nelle carceri per quindici anni mentre il peccatore riparerà nella fuga. Supportato nella scrittura da Jean Claude Carriere (collaboratore di Bunuel), nel registro storico e nel racconto  
dilatato, Forman si erge in tutto il suo splendore registico amorevolmente sgualcito e anacronistico. Ricalca con ardore le saghe in stile "I Miserabili" e "Il Conte di Montecristo" ma scopre le carte rivelandosi vulnerabile nell'artificio della rappresentazione teatrale pura e fine a se stessa. Classe, mestiere e maniera ma avremmo voluto zampate e brividi.

(recensione di Daniela Losini )

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