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recensione l'ultima
missione
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I colori lividi della
fotografia di Denis
Rouden, descrivono
una Marsiglia tetra
e soffocante che fa
da sfondo agli eventi
tragici dell’ultimo
film di Olivier Marchal,
“L'ultima missione”,
terzo atto di una
trilogia ambientata
nel mondo dei corpi
di polizia francesi,
iniziata con “Gangsters”
cui ha fatto seguito
“36 Quai des
Orfevres”. Louis
Schneider (Daniel
Auteuil) è
un poliziotto della
Squadra Omicidi che
indaga sui crimini
di un serial killer
misogino i cui delitti
di particolare, disgustosa
efferatezza si avvolgono
di ulteriore mistero
quando Schneider viene
sollevato dall’incarico.
In parallelo Justine
(Olivia Bonamy), che
da bambina ha assistito
impotente al massacro
dei suoi genitori
da parte di un serial
killer, scopre che
questi, in galera
da un quarto di secolo,
sta per essere liberato
per buona condotta.
Olivia non ha avuto
una vita facile dopo
quell'epi- |
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sodio
e ora
è
combattuta
tra
la paura
e la
rabbia
per
la liberazione
dell’assassino
che
le ha
distrutto
la famiglia.
Louis
cercherà
di aiutarla
ponendola
sotto
la sua
protezione.
Accolto
piuttosto
male
dalla
critica
francese
il film,
pur
con
qualche
difetto
a causa
dei
continui
flashback
che
a volte
confondono,
è
invece
a nostro
avviso
l’opera
più
riuscita
di Marchal
che
ci sembra
abbia
raggiunto
una
notevole
maturità
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artistica
in grado di
unire il noir
con il poliziesco,
approfondendo,
senza annoiare,
l’indagine
psicologica
di personaggi
ormai giunti
al limite
di se stessi.
“È
stato il successo
di 36 Quai
des Orfevres
a permettermi
di girare
questo film
– ci
ha detto il
regista in
conferenza
stampa –
che avevo
in testa da
tanti anni”.
Poliziotto
anche lui
per molto
tempo, Marchal
si è
ispirato a
episodi realmente
accaduti,
di cui ha
avuto conoscenza
diretta, per
raccontare
la solitudine,
la violenza
e la disperazione
dei poliziotti
spesso in
lotta anche
contro la
corruzione
della stessa
istituzione
per la quale
lavorano e
il senso di
paura e abbandono,
il dolore
da cui sono
oppressi i
familiari
delle vittime.
“il
motivo per
cui faccio
questo tipo
di film -
prosegue Marchal
- risale alla
visione del
mondo che
la mia esperienza
di poliziotto
mi ha lasciato.
Raccontare
queste storie
è un
modo per esorcizzare
un periodo
della mia
vita che ha
spento molti
dei miei sogni”.
Un plauso
va fatto all’ottimo
lavoro degli
attori (tra
cui anche
Catherine
Marchal, moglie
del regista,
nei panni
di una poliziotta
senza più
speranze)
che hanno
reso al meglio
i personaggi
della pellicola,
compresi i
ruoli minori.
Daniel Auteuil
è semplicemente
superbo e
Olivia Bonamy
si impegna
con sensibile
cura nella
parte della
protagonista
femminile.
Un film da
non perdere
per chi ama
il noir unito
al genere
poliziesco
(polar).
(recensione
di Claudio
Montatori
)
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film "l'ultima
missione"! |
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