L'ULTIMA LEGIONE
 

recensione l'ultima legione

 
Siamo nel V secolo d.C. L’impero romano, al massimo della sua espansione e della sua potenza, viene attaccato dai barbari di Odoacre. In poco tempo Roma viene saccheggiata e degli sfarzi della capitale del mondo sembra restare solo il ricordo. I Goti sono disposti a qualsiasi sforzo pur di diventare i sovrani incontrastati, soprattutto faranno di tutto per uccidere l’imperatore bambino Romolo (Thomas Stangster, già visto in “Love actually”). Ma a tentare di fermarli ci saranno, tra gli altri, il prode Aurelio (Colin Firth), il potente stregone Ambrosino (Ben Kingsley) e la bella guerriera indiana Mira (Aishwarya Rai, l’ex Miss Mondo protagonista di “Matrimoni e pregiudizi”). Saranno però costretti a scappare per tutto l’impero, verso l’ultima legione, l’unica che ritengono ancora fedele all’imperatore. Una spada è legata al destino di Roma,  
 
una spada simbolo di sovranità e di potere. E che cosa sarà mai quella spada? Ma come, la spada nella roccia! Eh, sì. Due grandi capitoli di storia e di fantasia che si fondono in un unico film (come nel romanzo omonimo di Valerio Massimo Manfredi). A parte l’opinabile accostamento, questa fusione di saga cavalleresca e epos romano veramente non è riuscita e quando si scopre il tutto viene  
semplicemente da ridere. Si aggiunga poi una ricostruzione ambientale approssimativa, delle performance attoriali non impeccabili, dei dialoghi inverosimili (soprattutto quelli del bambino) e una musica stucchevole, e allora si capisce anche il perché. Anche i costumi spesso sono fuori luogo: il barbaro con una giacca in stile Renegade è una chicca. Il regista de “L’ultima legione”, Dough Lefler, proviene soprattutto dal mondo televisivo, essendo stato regista di diffusissimi serial di ambientazione storica, come “Hercules” e “Xena, la principessa guerriera”. Bisogna dire che si vede: in bene e in male. In bene perché effettivamente si nota l’abilità registica, soprattutto nelle scene di combattimento, e la capacità di rendere chiari i vari passaggi di sceneggiatura. Molto male invece il lato della creatività di riprese e di costruzione dell’opera. Non solo Lefler non riesce a trovare una singola idea originale, ma addirittura si mette a “prendere ispirazione” qua e là (“Il signore degli anelli”, “Il gladiatore”). Noia e déjà vu sono senza dubbio le caratteristiche principali di questo film, in cui si assecondano tutti gli stereotipi di genere più scontati e pleonastici, fino a toccare le soglie dello humour involontario. Ciliegina sulla torta l’esaltazione della violenza e dell’eroismo bellico, non solo estranea all’orizzonte valoriale dell’epoca, ma addirittura scioccamente stemperata dalla frase finale: “Non più guerra, non più sangue”. E noi diciamo non più film dove si presenta ancora una volta il modello dell’eroe disposto a uccidere chiunque e a sacrificare se stesso per un’idea di onore sciocca e mortifera. “L’ultima legione” è uno di quei film da evitare accuratamente anche quando passerà in tv.

(recensione di Marco Santello )

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