L'ORA DI PUNTA
 

recensione l'ora di punta

 
Il film (?) è la storia di Filippo Costa, uno spregiudicato agente della Guardia di Finanza che desidera far carriera ad ogni costo, e finisce per sedurre una procace e ricca vedova cinquantenne allo scopo di procurarsi il denaro per costruire una società di dubbia legalità. Ma poi il suo cinismo gli si ritorce contro fino a un'improbabile esito finale. Seriamente: come si può parlare con interesse di un film del genere? Con quale coraggio dobbiamo dare fiducia a un Cinema Italiano che, special-mente quando guarda al Contemporaneo, riesce miseramente a fallire le sue imprese? E per quale ragione le sceneggiature, anche le migliori, del nostro Cinema adottano dialoghi e situazioni al cui confronto "Incantesimo" sembra diretto da un erede di Flaiano? Il Mistero di "L'ora di punta", fin dal fuorviante titolo, è tutto qui: umiliante testi-mone a  
 
Venezia 2007, ma in Negativo, dello stato del Nuovo Cinema Italiano. Avrà detto bene Tarantino, non abbiamo più i Bava, ma nemmeno (se è per questo) i Petri, i Zurlini, i Rosi d'annata. La situazione non è poi così disperata: escono alcuni ottimi lavori di Olmi, Saverio Costanzo, Crialese, Sorrentino e altri ancora "L'ora di punta" non riuscirà minimamente a scompaginare le pagine delle  
requisitorie sul Mondo della Finanza, ancora "vergine" ai parametri cinemato-grafici troppo (ancora) impegnati a parlare di Mafia e Populino. Ma quel che è certo è che trovarsi davanti a un protagonista che resta tutto sommato impunito davanti alle sue azioni ci sembra l'esilio dorato di un Pae-se, come direbbe Beppe Grillo, dove tutto ciò che è corruttibile e fuorilegge diventa una formale, fatalista accettazione. Inizialmente promette bene: per quanto lo sguardo anemico del protagonista (un Michele Lastella che farebbe meglio a tornare alle fiction, e al più presto) non susciti il minimo interesse sulla vicenda, la sua escalation improvvida ed improvvisa sancisce un minimo di irritante antipatia verso il personaggio di Filippo. Ma il tempo di giostrarsi in quel tunnel che è il Sistema sociale italiano e in brevissimo tempo il giovanotto è già nel letto di una tardona (Fanny Ardant) sospirosa ed entusiasta, Caterina, la cui dolorosa consapevolezza (di essere alla mercè di un'uomo giovane esclusivamente per il suo conto in banca) esigeva ben altra profondità. Tutt'altro: dopo essere passata nelle mani di un irriconoscibile Martone ("L'odo-re del sangue") l'ex-Signora della Porta Accanto esibisce una galleria di stereo-tipi tipici delle soap-opera televisive: lo stesso fulminante incontro con Filippo sembra l'incipit della reclame di un aperitivo. Dramma sociale? Ma figuriamoci... Marra esibisce un tempestivo erotismo sapendo benissimo (oppure no?) dove cotanto zelo va a parare: ammiccando a un eros sottile ed estraneo ai contorni della vicenda, ma soprattutto citando (presumo involontariamente) il Woody Allen di "Match Point": per esempio quando viene soppressa l'unica presenza davvero azzeccata del film, la maschera sardonica e laida di Antonio Gerardi, nei panni dell'imprenditore corrotto e ricattatore. E' difficile credere che questo film appartenga al promettente regista che ci ha regalato due ottimi film come "Tornando a casa" e "Vento di terra". Francamente, è altrettanto risibile, ma non del tutto errato, pensare che alla fine l'escamotage rampante del protagonista abbia contagiato le scelte di un cineasta improvvisamente (e speriamo temporaneamente) arreso al conformismo vigente del linguaggio paratelevisivo. E, mentre il film scivola in un finale involontariamente comico, c'è da chiedersi: è una denuncia dei Mali della nostra società oppure tutti noi dovremmo prendere esempio da quest'ineffabile simbolo della (corrotta) Roma imprenditoriale?

(recensione di Luca D'Antiga )

- Scrivi la tua recensione del film "l'ora di punta"!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2007. Tutti i diritti (su articoli e recensioni) sono riservati.