L'IMBROGLIO -THE HOAX
 

l'imbroglio - the hoax recensione

 
Lasse Hallstrom regista dagli esiti discontinui (Il vento del perdono, Le regole della casa del sidro) dopo averci deliziato con “Casanova”, torna ai toni spenti della commedia annacquando e con l’aggravante di una durata quasi estenuante, un’incredibile vicenda realmente accaduta e potenzialmente foriera di fascino sulla carta. Clifford Irving (Richard Gere che in taluni momenti somiglia a Willy Wonka/Gene Wilder), scrittore vittima della propria mitomania e tutt’ora in vita, negli anni settanta orchestrò una colossale truffa ai danni dell’intellighenzia editoriale, millantandosi biografo di Howard Hughes. Ci cascarono tutti: dai manager agli agenti letterari sino ai signori di “Life”. Aiutato dall’aura di paranoia, stranezze e eccentricità del magnate Hughes che da anni né si presentava in pubblico né rilasciava interviste, costruì  
 
un castello di menzogne complice il proprio talento di romanziere al quale abdicò discernimento, giudizio e qualunque forma di responsabilità. Quel che fanno gli scrittori è rubare vite e storie, qui la storia rubò la vita allo scrittore. Ebbe in aiuto la connivenza del fraterno amico ricercatore (Alfred Molina, gradita presenza scenica somigliante a se stessa) della comprensiva - ma guai a tradirla! - moglie pittrice  
(Marcia Gay Harden che con la parrucca nera la si scambia per Imelda Stauton) ma soprattutto da una rocambolesca serie di fortunati eventi e coincidenze. Ci metterà lo zampino la vita, ché se si trattasse solo di un romanzo senza delitto né castigo un finale senza punizione suonerebbe inopportunamente stucchevole. Ondivaga trasposizione che oscilla tra momenti di buona recitazione, dilatazione dei tempi quasi ipnotica e pathos a strappi.

(di Daniela Losini )

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