L'ESTATE DEL MIO PRIMO BACIO
 

- recensione -

 
Carlo Virzì, fratello del più famoso Paolo a cui si devono buoni film come “Ovosodo” “Caterina va in città” “My name is Tanino” “La bella vita”…, si era finora dedicato soprattutto alla creazione di colonne sonore e all’attività concertistica (con la band da lui formata, gli Snaporaz). Qui è al suo debutto come regista. La fonte di ispirazione è il romanzo “Adelmo torna da me” di Teresa Ciabatti: descrizione del mondo che ruota intorno alla protagonista alle prese con un’estate che forse sarà l’ultima dell’infanzia. Il film è rivolto essenzialmente a un pubblico giovanissimo (a cui dovrebbe piacere) ma con qualche ambizione in più. Buona l’idea di fondo de “L’estate del mio primo bacio”: analizzare una crisi adolescenziale inserendola in uno spaccato di una certa realtà italiana fine anni ottanta (vista con occhi critici).  
 
L’operazione purtroppo non può dirsi riuscita del tutto. Virzì sa manovrare la camera da presa e dirige gli attori con piglio sicuro, non disdegna ricercatezze formali e sa imprimere un giusto ritmo a quanto racconta. Il difetto è nella sceneggiatura (dovuta a Carlo, Paolo e alla stessa autrice del romanzo). A volte il macchiettistico prevale sull’ironia, abbondano i personaggi “typique”, eccessivamente manichea  
la contrapposizione tra ricchi e poveri. Alcuni episodi poi, distraggono dalla vicenda principale e quasi disturbano: sanno di già visto e in più non si conciliano tra loro. Qualche caduta di stile non manca (sembra inevitabile in gran parte del cinema italiano): il ritratto che si fa della famiglia proletaria è retorico e probabilmente datato già cinquant’anni fa, alcune scurrilità si potevano tranquillamente evitare anche perché in contrasto con l’andamento delicato, quasi elegante, di tutto il film. Punto di forza de “L’estate del mio primo bacio” è la recitazione. Tutti indistintamente sono bravi. Un plauso particolare alla giovanissima Gabriela Belisario: occhioni da cartone animato, misurata e controllatissima nella gestualità e nella mimica, offre un ritratto di una ragazzina apparentemente odiosa, in realtà sola e abbandonata a se stessa, veramente convincente. Stupefacente Laura Morante: così leggera, così ironica, così tenera non si era mai vista. Eccezionale come donna “svaporata”, un ruolo per lei insolito e che interpreta confermando non solamente un talento fuori dal comune ma una duttilità rara nel panorama della nostra cinematografia.

p.s. Buona la caratterizzazione di Neri Marcorè e interessante il suo personaggio: alla fine scompare però e non se ne sa nulla (e gli spettatori sono portati a chiedersi del perché della sua presenza).


(di Leo Pellegrini )

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