L'ESPLOSIVO PIANO DI BAZIL - RECENSIONE
 
locandina l'esplosivo piano di bazil
Locandina "L'esplosivo piano di Bazil"

recensione

 
Marocco. Una mina esplode nel deserto uccidendo un soldato. Parigi. Bazil, bambino viene a sapere della morte del padre. Qualche anno dopo, mentre fa il suo turno di notte in una videoteca viene colpito da un proiettile in testa. La sua vita è affidata al lancio della monetina di un chirurgo: continuerà a vivere, ma col proiettile in testa. Dopo qualche giorno trascorso come artista di strada Bazil conosce un gruppo di strambi rigattieri e con loro inizia non solo una seconda vita ma anche la preparazione della vendetta contro gli armaioli che prima gli hanno ucciso il padre e successivamente l’hanno “condannato” a morire da un momento all’altro. Di primo acchitto, L’esplosivo piano di Bazil si dimostra essere una vera e propria summa della carriera cinematografica di Jean-Pierre Jeunet. Il film è una delle sue tante favole,  
 
scandite da scelte e dal destino che conduce quasi sempre ad un lieto fine. Ma non solo. Qui, Jeunet fa una vera e propria dichiarazione d’amore al cinema: il protagonista, Dany Boon in molte scene sacrifica le parole e si dedica totalmente all’espressività del movimento e degli sguardi; ricorda fortemente Charlie Chaplin nel suo Le luci della città, con la musica che dà sfondo e voce alla scena. Il gruppo di personaggi   recensione l'esplosivo piano di bazil
che fa da contorno è ampliamente sfruttato ed ogni personaggio ha un preciso background funzionale alla storia, come spiega lo stesso regista :“da tempo mi frullava in testa l'idea di raccontare una storia con dei mercanti d'armi. Uomini formali, con dei bei vestiti, una bella famiglia: ma pur sempre persone che creano armi che uccidono. Ma non volevo fare un film intellettuale, volevo la commedia. Allora ho deciso di far scontrare questi mercanti d'armi con dei rigattieri che ricordano molto i personaggi di Toy Story” . Personaggi unici, marginali e ingenui.. eppure ognuno di loro ha qualcosa di distintivo ed unico, utile alla trama. E la trama, per quanto tratti un tema serio e per niente caricaturale, mantiene il carattere favolistico che caratterizza tutti i film di Jeunet; situazioni strambe e anacronistiche, tic e particolarità, colori, musiche che rendono, già ad un primo sguardo, riconoscibile il tocco del regista. Eppure il risultato, nonostante tutto, non è dei migliori: la storia è annacquata dalle troppe sotto-trame e dalle troppe citazioni che danneggiano il ritmo e non lasciano nulla. Probabilmente la collaborazione con Hollywood non giova troppo ad uno dei migliori rappresentanti del cinema Europeo vivente.

(recensione di Francesca Casella)


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