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Rimasta a riposare
nei magazzini per
un paio d’anni,
la pellicola è
del 2004, perché
non toglierla dalla
naftalina e proiettarla
in occasione dei saldi
estivi? “L’antidoto”
è una gradevole,
innocua e al contempo
bonariamente scorretta,
commediola francese.
Uno squalo dell’alta
finanza detto “il
killer” (Christian
Clavier, “I
visitatori”)
subisce il contraccolpo
del subconscio. Un
non meglio identificato
trauma irrisolto gl’ingarbuglia
la dizione con l’aggiunta
di straripanti sudorazioni
corporali. Ad aggravare
la situazione ci si
mette una macro operazione
finanziaria da tener
segreta. La concorrenza
è agguerritissima:
un altro pescecane
vorrebbe impossessarsi
del mare di stock
option e bisogna picchiar
duro ma i tic peggiorano.
Lo psichiatra consiglia
al manager in panne
la ricerca di un antidoto.
Deve trovare un feticcio/amu- |
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leto
che
possa
arginare
gli
scompensi.
Incontra
un buffo
ometto
orsacchioso
- non
a caso!
- che
fa il
contabile/rompiballe
di professione
alle
assemblee
delle
società
per
azioni.
L’uomo
(interpretato
dal
facciosissimo
e bravo
Jacques
Villeret,
un film
per
tutti
“La
cena
dei
cretini”,
attor
cortese
scomparso
nel
gennaio
del
2005)
pare
capace
come
per
magia
di quietare
le nevrosi
del
superdirigente.
La pellicola
si apre
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omaggiando
Dallas (split
screen a tutto
campo come
nella famosa
sigla e sfoggio
di gadget
da superstar
dell’euro)
e arranca
per i primi
venti/trenta
minuti prima
di ingranare.
Si annaspa
in consunte
metafore marine
– squali,
pirana pure
alborelle!
– per
spiegare il
mondo e la
fauna finanziaria.
Ci si sollazza
grossolani,
sorridendo
della stupidità
esibita dei
personaggi
che oscillano
tra la freschezza
sempreverde
alla forrest
gump e la
“furberie”
dell’uomo
comune. Qua
e là
qualche discreta
scena suggestiva,
come il ralenti
durante il
licenziamento
del traditore
o la grigliata
finale in
tailleur Chanel
delle signore
mogli e via,
siamo approdati
ai titoli
di coda (con
annessi “bloopers”).
Ingollata
pure la pillola
dell’inevitabile
moralina anticapitalista,
sai che hai
sospeso il
pensiero per
un’ora
e quaranta.
Touchè.
(di Daniela
Losini )
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