sempre non se ne accorgono: di più, sostengono di non averlo mai veduto coi baffi né di rammentare che egli li abbia mai portati. Il racconto cinematografico è spiazzante e nonostante alcune derive cerebrali e pretenziose seguite da altre ignenue e tirate via, riesce a sorprendere coinvolgendo e convicendo chi assiste a partecipare alla girandola di palpabile tensione e paranoia che travolgono il protagoni-

sta. Lo seguiamo umiliarsi a raccogliere prove tangibili della propria vita (foto, fatti, ricordi) mentre ogni ipotesi si fa strada. Vogliono eliminarlo? E’ un complotto ai suoi danni per farlo impazzire? E perché? Reminiscenze di un trauma che non ricorda? La doppia vita immaginata nella mente e quella vissuta nel reale che si sovrappongono su un piano inscindibile e sconosciuto? Alla fine sceglierà la fuga: Hong Kong la città capitale delle patacche. Copia forse, egli stesso di ciò che ha immaginato/vissuto. Ottiene una pace apparente nel continuo perpetrarsi di una traversata in barca: forse ripetere ossessivamente gli stessi gesti e lo stesso percorso lo potranno quietare. Ma ancora una volta tutto è dimenticanza e stordimento, e la risposta non arriva.